simposio lettori copertina

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giovedì 29 settembre 2016

RECENSIONE: BRUNELLA SCHISA - LA DONNA IN NERO


Sinossi:

EDOUARD MANET HA TRENTASEI ANNI ED È UNO DEI PIÙ AFFERMATI PITTORI DI FRANCIA QUANDO INCONTRA BERTHE MORISOT, VENTISETTENNE DALL'INQUIETA BELLEZZA ALLA RICERCA DI UN PROPRIO SPAZIO NEL MONDO DELL'ARTE. DA QUEL MOMENTO LE LORO VITE SONO UNITE DA UN LEGAME INDISSOLUBILE. SULLO SFONDO DI UN EPOCA IN CUI ESPLODONO CAMBIAMENTI RADICALI, BRUNELLA SCHISA, CON RIGORE STORICO E SENSIBILITÀ DI NARRATRICE, METTE IN SCENA UN TRAVOLGENTE RAPPORTO A DUE CHE SPRIGIONA IL PROFUMO DEI GRANDI ROMANZI D'AMORE, UNA PARTITA DI PASSIONI E DI INTELLIGENZE FATTA DI CORPI E IMMAGINI, DI LUCE E COLORE, DI PAROLE ED EMOZIONI, DI EROTISMO E TENSIONE. UN RAPPORTO CHE HA SEGNATO IN MODO INDELEBILE IL DESTINO DEI PROTAGONISTI: QUELLO DI UN UOMO E UN ARTISTA TORMENTATO E IMMORTALE, E QUELLO DI UNA DONNA LIBERA E ROMANTICA, CHE SAREBBE DIVENTATA LA PIÙ GRANDE PITTRICE DELL'OTTOCENTO.

 

Parigi, seconda metà dell’Ottocento. Tra mostre d’arte, correnti pittoriche diverse, caffè e salotti dove si discute di cultura e di politica, nasce l’amicizia e poi l’amore tra due artisti accomunati da un temperamento forte e tenace e da un’anima tormentata ed insoddisfatta.

Si tratta di Edouard Manet, l’artista più denigrato dell’epoca, irriverente, testardo, passionale, geniale, e Berte Morisot, bruna affascinante ed altera, personalità apparentemente algida e scostante, ma in realtà romantica ed altrettanto tormentata.

Sono loro le due figure in primo piano in questo romanzo: il pittore e la sua modella, l’uomo e la donna. Sullo sfondo di una Parigi che in poco tempo si ritrova dal lusso elegante dei salons alla desolazione infernale della guerra, il rapporto tra Berte ed Edouard cresce indipendentemente dalla loro volontà, fino ad avvolgerli in un legame indissolubile al quale sarà difficile sottrarsi. La figura chiave del libro è indiscutibilmente Berte: bella, inaccessibile e tenace nel perseguire il suo obiettivo di diventare una pittrice. Berte non ha paura di ribellarsi alle convenzioni sociali che le imporrebbero di cercare marito e sposarsi: preferisce impegnarsi con tutta se stessa nel lavoro finchè non avrà trovato un uomo che ama e che ricambia il suo amore. Questo, almeno, è ciò che dice a se stessa ed alla famiglia… ma la realtà è un’altra: Berte è innamorata di un uomo sposato, di un donnaiolo impenitente, di un artista pazzo e geniale, del suo amico Edouard Manet. Lei ha paura della forza del sentimento che prova per il pittore e cerca di sottrarvisi, ma non sa che la paura è reciproca: anche l’uomo combatte contro l’amore travolgente che prova per la sua musa, la sua donna in nero. I due si cercano e si respingono in un crescendo di passione e tensione erotica che esplode in un amore travolgente e totalizzante.

Con una prosa delicata ed impalpabile come i tocchi di Berte, Brunella Schisa tratteggia questa storia a tinte contrapposte: i colori tenui ed eleganti della Parigi bene si contrappongono al nero intenso, simbolo della femminilità e della passione proibita, intervallati dal grigio della guerra e della distruzione. Lo fa indugiando nelle descrizioni dell’ambientazione e nella narrazione particolareggiata degli avvenimenti quotidiani, permettendoci di conoscere i protagonisti da una prospettiva più intima, senza mai sconfinare nella volgarità o nell’indiscrezione.

All’inizio e per buona parte del libro si ha l’impressione di osservare una storia che scivola via senza intoppi e si ha perfino il timore che il tutto si riduca a mero fumo senza mai arrivare ad una svolta. Tuttavia, pagina dopo pagina, si impara ad affezionarsi a questi personaggi e ci si ritrova coinvolti nella spirale delle emozioni di Berte, fino al momento in cui il romanzo sboccia con sensualità dirompente. Lettura consigliata a chi ama i romanzi storici che parlano d’arte e che non si limitano ad una fredda esposizione dei fatti, ma che mescolano la realtà storica all’immaginazione. Una bella storia d’altri tempi che profuma d’amore.

 

Opera recensita: “la donna in nero” di Brunella Schisa

Editore: Garzanti, 2006

Genere: romanzo storico

Ambientazione: Parigi 1868-1872

Pagine: 235

Prezzo: 15,60 €

Consigliato: sì.

 

martedì 27 settembre 2016

RECENSIONE: MICHAEL DOBBS - HOUSE OF CARDS 3, ATTO FINALE


Sinossi:

Sono passati dieci anni da quando, grazie a una lunga serie di sotterfugi e manipolazioni, Francis Urquhart ha raggiunto l’apice. Ora si appresta a diventare il primo ministro più longevo nella storia del paese: lo spettro della vecchiaia incombe, è tempo di bilanci e di pensare a come guadagnarsi un posto nella Storia. Ma nel corso della sua impietosa scalata il nostro protagonista si è fatto molti nemici, e oggi si ritrova con un branco di lupi alle calcagna pronti ad azzannarlo, mentre i molti scheletri da tempo sepolti nell’armadio minacciano di saltare fuori. Nel suo ultimo atto, Urquhart è costretto ad affrontare un’inaspettata crisi di governo che coinvolge lo scacchiere internazionale: deve operare nella questione cipriota, complicata ulteriormente dal ritrovamento di certi giacimenti petroliferi a cui sono in molti ad ambire. Ma il petrolio non è l’unico segreto dell’isola: Urquhart è legato a questa terra da una tragica vicenda personale del suo passato, pronta a perseguitarlo. Come prevedibile, l’instancabile FU non è pronto a farsi da parte, né a cedere di fronte a chicchessia. È ancora disposto a tutto e determinato a lasciare il segno. Ci riuscirà?

 

Terzo ed ultimo capitolo della saga letteraria House of cards, con protagonista il calcolatore, tenace, acuto Francis Urquart. Lo avevamo lasciato, alla fine del secondo libro, alle prese con uno scontro tra governo e monarchia a pochi mesi dalla sua prima elezione a Primo ministro. Lo ritroviamo più di dieci anni dopo, ultrasettantenne, ancora a capo del governo, ma con una popolarità in netto declino, nemici, insidie e questioni in sospeso che sembrano spuntare da dietro ogni angolo. Ma FU non cede, deciso com’è a restare a lungo al governo ed a trovare un posto d’onore sui libri di storia. Un ex membro del suo partito, però, sembra acquisire popolarità e comincia a dargli qualche pensiero; inoltre Urquart si trova coinvolto nell’instabile equilibrio internazionale tra Grecia e Turchia che si contendono l’isola di Cipro, con il suo petrolio e le sue guerre passate che tornano prepotentemente a far sentire la loro voce. Ancora sorprendentemente tormentato da drammatici ricordi del passato, Urquart si trova a prendere decisioni rischiose per la sua politica e per tante vite umane al di là del mare. Non tutto va come previsto ed il nostro primo ministro, ormai in declino, decide di lasciare la scena a suo modo, riscattandosi, qualunque sia il prezzo.

Già nel secondo volume vi avevo parlato dell’aria di crisi che si respirava per tutto il libro, che risultava molto diverso e meno brioso ed acuto del primo. Anche qui, sebbene non con lo stesso grigiore, si parla di un uomo politico in declino e di una situazione politica, interna ed estera, molto complessa. Ulteriore demerito di questo libro è la presenza di più campi d’azione, di più situazioni da analizzare, non ben staccate tra loro. Ci troviamo di fronte a capitoli lunghissimi nei quali sono condensati gli scenari più vari: dalla lotta politica in Parlamento alle montagne di Cipro, dai pensieri di Urquart e di Claire allo stadio di Nicosia… questa pluralità di scenari risulta interessante per la trama, ma allo stesso tempo fuorviante e confusionaria. Per non dire che l’acume che aveva caratterizzato Urquart nel primo volume sembra quasi svanito: lo ritroviamo vecchio, con i riflessi rallentati, perso dietro i fantasmi del passato… Anche gli altri personaggi, giocoforza, risultano un po’ appannati e non ben caratterizzati, penalizzati dalla troppa carne al fuoco nella trama.

Tuttavia credo che l’ultimo capitolo, con il discorso di Urquart e la fine della sua carriera politica, sia qualcosa di tanto spettacolare quanto meritevole. Mi azzarderei a sostenere che, al di là della volontà di portare a termine la serie, valga la pena leggere le precedenti 500 pagine solo per arrivare a quel capitolo!

Consigliato, dunque? Sì e no: sì se volete finire la serie e siete curiosi di sapere cosa sarà di Urquart; no se i primi due libri non vi sono piaciuti.

 

Opera recensita: “house of cards 3, atto finale” di Michael Dobbs

Editore: Fazzi, 2015

Genere: political thriller

Ambientazione: Inghilterra, Cipro

Pagine: 528

Prezzo: 17,50€ cartaceo; 9,99€ ebook

Consigliato: sì/no.

 

venerdì 23 settembre 2016

RECENSIONE: ROBERT GALBRAITH - IL BACO DA SETA (LE INDAGINI DI CORMORAN STRIKE, LIBRO II)


Sinossi:

Londra. L’eccentrico scrittore Owen Quine non si fa vedere da giorni. Non è la prima volta che scompare improvvisamente, ma non è mai stato via così tanto tempo e la moglie ha bisogno di ritrovarlo. Decide così di assumere l’investigatore privato Cormoran Strike per riportare a casa il marito. Ma appena Strike comincia a indagare, appare chiaro che dietro la scomparsa di Quine c’è molto di più di quanto sua moglie sospetti. Lo scrittore se n’è andato portando con sé il manoscritto del suo ultimo romanzo, pieno di ritratti al vetriolo di quasi tutte le persone che conosce, soprattutto di quelle che ruotano attorno al suo mestiere. Se venisse pubblicato, il libro di Quine rovinerebbe molte vite: perciò sono in tanti a voler mettere a tacere lo scrittore…
Appassionante e ricco di colpi di scena, uno spaccato degli intrighi del mondo editoriale londinese, Il baco da seta è il secondo romanzo della serie che ha per protagonisti Cormoran Strike e la sua assistente, la giovane e determinata Robin Ellacott.

 

Secondo libro della serie che ha per protagonista il detective Cormoran Strike, nato dalla penna di Robert Galbraith, alias J. K. Rowling.

Abbiamo già avuto modo di conoscere Strike e la sua giovane e brava assistente Robin ne “Il richiamo del cuculo”, dove veniva risolto il misterioso omicidio di una bellissima modella, indagine che ha portato il detective agli onori della cronaca.

Qui ad essere scomparso è uno stravagante ed irriverente scrittore, alquanto avvezzo alle sparizioni clamorose ed amante dei complimenti e della pubblicità. Ma Owen Quine è scomparso da un po’ troppo tempo e la moglie, l’insignificante ed alquanto irritante Leonora, è preoccupata e si rivolge a Strike per scoprire dove sia. Ben presto il detective scopre che c’è ben più di un po’ di spettacolarizzazione dietro la misteriosa scomparsa di Quine: l’uomo è stato assassinato in una sua vecchia casa e le modalità dell’omicidio sembrano copiate pari pari dal suo ultimo manoscritto inedito, “bombix mori”. Ma chi poteva aver letto il libro? Chi aveva le capacità necessarie a porre in essere questo crimine tanto macabro quanto efferato? Tra l’ostruzionismo della polizia, un intricata rete di segreti, colpe e risentimenti vecchi e nuovi, una bella manciata di neve e il Natale alle porte, Cormoran e Robin dovranno lottare contro una mente malata e geniale e rischiare il tutto per tutto per arrivare al colpevole.

Se il primo libro era stato bellissimo, questo lo è stato ancora di più: la collaudata coppia Strike-Robin funziona più che mai, gli alti e bassi, gli accenni di rosa e quelli di noir rendono il romanzo fluido e piacevole nonostante la mole. Se proprio vogliamo trovargli qualche pecca, diremo che a tratti la trama è un po' lenta e che certi espedienti, specie nel finale, sono un po' troppo fantasiosi, ma nel complesso è un bel giallo!
La particolarità dei romanzi di Galbraith, a mio parere, non è nell’originalità della trama o nella caratterizzazione dei personaggi “cattivi”, ma nell’immagine di stabilità, forza ed insieme umana fragilità della coppia investigativa: leggendo le indagini di Strike sai che, qualunque cosa succeda, per quanto macabro sia il delitto, per quanto folle sia il colpevole, loro sono lì, con gli acciacchi, le liti familiari, i malintesi e le idee geniali… loro sono lì e se salirai la scala in metallo dell’ufficio in Denmark Street, dietro la porta a vetri ci sarà sempre una tazza di thè o una pinta di birra e un divano spernacchiante ad attenderti. Inutile dire che lo consiglio e non vedo l’ora di leggere anche il terzo libro, “la via del male”!

 

Opera recensita: “il baco da seta” di Robert Galbraith

Editore: Salani, 2014

Genere: giallo

Ambientazione: Londra;

Pagine: 560

Prezzo: 18,60 €

Consigliato: sì.

Consigli correlati: “il richiamo del cuculo” primo libro della serie con protagonista Strike.

 

lunedì 19 settembre 2016

RECENSIONE: MICHELA MURGIA - ACCABADORA


Sinossi:

Premio Campiello 2010. Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno. Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come "l'ultima". Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. "Tutt'a un tratto era come se fosse stato sempre così, anima e fili'e anima, un modo meno colpevole di essere madre e figlia". Eppure c'è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c'è un'aura misteriosa che l'accompagna, insieme a quell'ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte. Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell'accabadora, l'ultima madre.

 

Breve, intenso ed appassionante. In poco più di 160 pagine Michela Murgia ci racconta tradizioni millenarie che sono parte di una comunità, di un popolo, ma che scavando non troppo a fondo, potremmo ritrovare anche nel nostro passato prossimo. Sono le tradizioni legate alla vita, al suo inizio, ma soprattutto alla sua fine; sono storie fatte di scialli neri, dolore e conforto, di saperi antichi e credenze popolari ancora sorprendentemente vive. Siamo a Soreni, piccolo paese della Sardegna, nel secondo dopoguerra. Qui vivono Maria Listru e Tzia Bonaria Urrai. Maria è la quarta figlia della vedova Anna Teresa Listru che considera la bimba un errore dopo tre cose giuste, una bocca in più da sfamare. Bonaria, invece, è una vedova senza figli che è ben lieta di prendere con sé quella ragazzina che ha sorpreso a rubare delle ciliegie in un negozio e che nonostante il gesto si mostra serena ed innocente. Maria, abituata a non essere considerata altro che la quarta o l’ultima, fa presto ad affezionarsi all’austera Tzia Bonaria che dimostra di badare a lei, tiene moltissimo alla sua istruzione e la considera il suo primo pensiero. Maria pensa che Bonaria faccia la sarta e questo è vero di giorno, ma di notte, a volte, qualcuno bussa alla porta e la donna esce in tutta fretta senza dare spiegazioni. Maria non sa che Bonaria è l’Accabadora, l’ultima madre, colei che aiuta chi, allo stremo della sofferenza, vuole andarsene da questo mondo senza dolore. Non è un’assassina priva di scrupoli, ma una donna provata dalla vita che, a suo modo, aiuta gli altri e fa ciò che deve essere fatto. Tutti a Soreni sanno chi è e cosa fa ed il suo passaggio suscita timore e rispetto. Donna di poche parole, ma di molto sapere, Bonaria trasmette tutto ciò che sa alla sua fille anima tranne il suo compito segreto e quando, per un tragico caso del destino, la ragazza lo scopre fra le due donne si apre una frattura apparente che sa di tradimento e di cose non dette. Maria parte per il continente, ma poi torna per ripagare, nel momento del bisogno, il suo debito di riconoscenza a quella donna che non ha mai chiamato mamma, ma che lo è molto più di chi l’ha generata. La storia di Maria e di Bonaria può sembrare lontana ed incredibile, ma non lo è per niente: qualcuno potrebbe pensare che queste credenze popolari siano morte e sepolte nel passato, invece vivono nel retaggio culturale dei piccoli comuni italiani in cui ci si conosce tutti, in cui l’informazione che conta si fa  al bar o sulla soglia delle case al crepuscolo.

I temi chiave di questo romanzo sono la maternità, la fiducia e la scelta. Come si legge in apertura del libro, Maria è figlia di due madri, di due donne, della povertà dell’una e della sterilità dell’altra. Ma si può essere figlia di due madri? Ed è più degna, in fin dei conti, di essere chiamata mamma colei che ci ha messi al mondo per poi abbandonarci al nostro destino, salvo poi richiamarci a sé nel momento del bisogno rivendicando un diritto di nascita misto ad orgoglio e possessività? O colei il cui ventre è sterile, ma che ci accoglie, veglia il nostro sonno nel buio, ci nutre ed educa? E poi c’è l’altro grande interrogativo, quello che riguarda la scelta: può l’uomo scegliere quando e come porre fine alla sua vita? Può l’uomo sostituirsi a Dio stabilendo quando far cessare la sofferenza? Fino a che punto è umano soffrire?

Michela Murgia ci racconta questa storia affascinante con uno stile fluido e con una scrittura insieme intimista ed evocativa: intimista perché indaga con tatto e delicatezza i sentimenti ed i fragili equilibri privati di una comunità; evocativa perché con parole scelte con cura descrive abilmente sensazioni, odori, suoni, rendendoli visibili a chi legge. Tutto ciò rende questo libro un piccolo album dei ricordi da custodire con cura, perché nulla vada dimenticato o perso nella frenesia dell’oggi. Lettura consigliatissima.

 

Opera recensita: “Accabadora” di Michela Murgia

Editore: Einaudi, supercoralli, 2009

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Sardegna, Torino

Pagine: 166

Prezzo: 18€ (cartaceo), 6,99€ (ebook)

Consigliato: sì.

 

domenica 18 settembre 2016

RECENSIONE: MICHAEL DOBBS - HOUSE OF CARDS 2 - SCACCO AL RE


Sinossi:

Dopo aver ordito la scalata al potere, il nuovo primo ministro Francis Urquhart, ormai noto come FU, sfida il re in persona e minaccia l'intoccabile ruolo della monarchia inglese. Da poco in carica come lo stesso primo ministro, il giovane sovrano contesta il programma di governo e la divergenza di pensiero presto scivola in ostilità dichiarata. Il terreno di scontro è ampio, e la battaglia si combatte a suon di sondaggi d'opinione truccati, prime pagine di quotidiani manipolate, scandali sessuali e calcolate strategie di rischio: Francis Urquhart ha deciso di distruggere non solo l'immagine della Corona, ma del re in persona. Se per il cinico architetto del potere non è ammissibile l'interferenza della casa reale nell'attività politica, dall'altra parte si disapprovano le scelte nel campo delle politiche sociali, che sembrano aver acuito i problemi di alcune aree metropolitane. Il conflitto presto si alza d'intensità e Urquhart decide di andare a nuove elezioni. Durante l'arena elettorale entra in scena un personaggio chiave: un consigliere politico, impersonato da una bella donna, impeccabile e brillante, Sally Quine, con la quale nascerà una relazione. Con lo scorrere degli eventi le minacce alla casa reale diventano sempre più pericolose e il primo ministro si spinge lungo un crinale vertiginoso, da cui scendere costituisce un'impresa ad altissimo rischio. E dunque esiste là fuori qualcosa o qualcuno che possa sfuggire al controllo di Francis Urquhart?

 

Ho adorato e consigliato caldamente il primo libro di questa serie che tanto bene descrive il mondo politico, l’ambizione, l’avidità nella ricerca del potere ad ogni costo.

Non posso dire lo stesso di questo secondo volume. Non è da buttare, intendiamoci, ma non è al livello del primo.

In linea generale, il libro è perneato da una crescente aria di crisi, economica, politica, morale e delle vicende personali dei protagonisti. Già questo contribuisce a ridurre il brio e la suspence che aveva caratterizzato il primo volume. A distanza di pochissimi mesi dalla sua elezione, il primo ministro Francis Urquart, acuto, intelligente, manipolatore, è in conflitto con il re ed invece di appianare le divergenze decide di surclassarlo usando ogni modo possibile per metterlo in cattiva luce. Sulla sua strada incontra l’ambiziosa ed attraente Sally Queen, una sondaggista molto brava nel suo lavoro che lo aiuterà nella sua battaglia personale e politica. Ma quando si è così in alto bisogna stare attenti a non scivolare, perché la caduta sarebbe molto più rovinosa… il nostro caro FU, che di solito è così accorto e calcolatore, pare aver dimenticato questo elementare principio e, dall’alto della sua onnipotenza non si accorge delle ombre che avanzano al suo fianco, pur avendo tutti gli elementi per prevedere e magari evitare il disastro.

Il libro è sempre piacevole, lo stile di Dobbs è sempre attento ed oculato oltre che scorrevolissimo, ma chi ha amato l’adrenalina suscitata dal primo volume, qui noterà senz’altro un abbassamento dei toni. Il grigiore della crisi materiale e spirituale che colpisce tutti i protagonisti, poi, farà il resto. In breve, lo consiglio a chi ha letto il primo e vuole finire la serie, ma se non avete apprezzato l’uno non credo che riscatterete Dobbs e FU con questo secondo. Io, per quel che conta, leggerò anche il terzo.

 

Opera recensita: “House of cards 2 – scacco al re” di Michael Dobbs

Editore: Fazzi, 2014

Genere: narrativa straniera, politica

Ambientazione: Inghilterra

Pagine: 448

Prezzo: 16,50€ (cartaceo), 9,99€ (ebook)

Consigliato: sì/no.

 

mercoledì 14 settembre 2016

RECENSIONE: SIMONA VINCI - LA PRIMA VERITà


Sinossi:

Nel 1992 Angela, giovane ricercatrice italiana, sbarca sull'isola di Leros. È pronta a prendersi cura, come i suoi colleghi di ogni parte d'Europa, e come i medici e gli infermieri dell'isola, del perdurante orrore, da pochi anni rivelato al mondo dalla stampa britannica, del «colpevole segreto d'Europa»: un'isolamanicomio dove a suo tempo un regime dittatoriale aveva deportato gli oppositori politici di tutta la Grecia, facendoli convivere con i malati di mente. Quelli di loro che non sono nel frattempo morti sono ancora tutti lí, trasformati in relitti umani. Inquietanti, incomprensibili sono i segni che accolgono la ragazza. Chi è Basil, il Monaco, e perché è convinto di avere sepolto molto in alto «ciò che rimane di dio?» E tra i compagni di lavoro, chi è davvero la misteriosa, tenace Lina, che sembra avere un rapporto innato con l'isola?

 

Sabato 10 settembre. Leggo che dopo diverse edizioni al maschile, quest’anno il premio Campiello è stato assegnato a una donna, Simona Vinci, di cui non ho mai letto nulla. Leggo la trama del libro, “la prima verità”, e scopro che mi incuriosisce, mi interessa… in fondo quest’estate ho letto vari libri che parlano di follia, quindi perché non aggiungerne uno alla lista?

Mercoledì 14 settembre, ho terminato la lettura de “la prima verità” e niente è più come prima. Intendiamoci, non sono sconvolta da ciò che ho letto, la mia vita non cambierà radicalmente dopo queste pagine, ma questo libro mi ha lasciato dentro qualcosa che non ho ancora elaborato, forse dei brividi nuovi, delle consapevolezze nuove, dei nuovi segni sulla coscienza.

La prima parola che mi viene in mente per descriverlo è “strano”… in che senso? Nel senso di inusuale, diverso dal solito, forse inquietante. Ma non basta, la descrizione non è calzante, quindi cerco un nuovo aggettivo: “crudo”… ecco, va già meglio. Sì, perché la storia che nasce dalla fantasia e dalla penna di Simona Vinci è proprio così: cruda, come la realtà, dura come la vita vera.

Tutto nasce da una fotografia di una bambina nuda e legata da cinghie di contenzione, sul letto di un ospedale psichiatrico dove probabilmente le era stato praticato l’elettrochoc. La diagnosi a margine è sconvolgente: ineducabile, pericolosa per sé e per gli altri. E l’autrice, che a sua volta è stata una bambina ineducabile, immagina la sua vita se solo fosse nata cinque anni prima del 1970. Da qui prende le mosse un racconto inventato, ma solo a metà: il racconto di Leros, dell’isola lager, l’isola maledetta, l’isola dei matti.

E’ una storia poco conosciuta questa, ma reale come le pietre, le montagne, le case, il mare di quell’isola dell’Egeo che per decenni è stata ricovero disumano per quelli che venivano considerati matti e luogo di confino per intellettuali e dissidenti politici durante la dittatura dei Colonnelli, alla fine degli anni 60. E sono tanti i fantasmi che ancora affollano quella terra, sono le anime dei dimenticati, di quelli che sono morti eppure sono ancora lì e perseguitano chi in quell’isola ci è stato, ritornano nei sogni. E’ questo che accade ad Angela, la protagonista di questo racconto, giovane laureanda in giurisprudenza che dopo essere venuta a conoscenza dello scandalo di Leros da un articolo sull’Observer, si unisce ad un gruppo di volontari per visitare quei luoghi nell’estate del 1992. Sono tante le storie che il suo animo indagatore e curioso scopre in quell’isola, nel silenzio delle notti passate in una stanza segreta dell’istituto psichiatrico, tra documenti dimenticati, pezzi di poesie, sacchetti pieni di misteri e vite spezzate di cui nessuno ha mai voluto sapere. Ed è lì, a Leros, che Angela torna 17 anni dopo per cercare l’occhio azzurro dell’uomo che la segue nei sogni, e per restituirgli ciò che gli appartiene e che la crudeltà dell’uomo gli ha sottratto per tanti anni. Ma “la prima verità” non è solo la storia di Angela, anzi, lei è il mezzo grazie a cui scaviamo una breccia nel muro del silenzio e dell’indifferenza e guardiamo al di là, dove ci sono i matti, dove c’è la verità, quella che tutti vedono, ma nessuno vuole davvero guardare.

Il libro è diviso in tre parti: nella prima, ambientata a Leros nel 92, conosciamo Angela, Lina, Basil, la dottoressa Dellis e l’isola di Leros dove si trova l’istituto psichiatrico e dove inizia il viaggio a ritroso di Angela. Nella seconda parte, a mio avviso la più bella del romanzo, conosciamo la storia di chi, a fine anni 60, in quell’isola era recluso per motivi diversi, tutti legati all’ignoranza ed alla crudeltà più nera. Così incontriamo Stefanos, intellettuale, poeta che ad Atene ha lasciato la moglie e la figlia appena nata; Teresa, vittima degli abusi del fratello maggiore a causa dei quali ha vissuto un aborto, esperienza che la sconvolgerà nel profondo; e Nicolaos, il bambino di soli sette anni che tutti chiamano Temistocles e credono muto. Sono le tracce delle loro vite quelle che Angela trova in quel seminterrato dei segreti e che la portano di nuovo a Leros nel 2009.

Nella terza parte, invece, il romanzo ha un improvviso cambio di registro e di direzione: il racconto è ora alla prima persona singolare e si fa un po’ fatica a capire se a parlare sia Angela o la stessa autrice. La risposta l’avremo solo alla fine, nelle ultime pagine, nelle quali Simona Vinci, dopo averci raccontato la sua esperienza personale con la follia ed i viaggi che ha fatto per saperne di più sul prima e dopo la legge Basaglia, ci racconta di Leros, di Angela e di se stessa. Ci lascia, poi, con una distaccata e lucida riflessione sulla follia dei nostri giorni, quella che lambisce le nostre vite, le nostre case, i nostri amici, noi stessi. “La prima verità” è un pugno nello stomaco necessario a squoterci dall’indifferenza ed a farci finalmente voltare gli occhi sul mondo reale, su quella verità che ci circonda e che ha un prezzo sempre più alto di quello che avremmo pensato. Consigliato? Sì, ovviamente!

 

Opera recensita: “la prima verità” di Simona Vinci

Editore: Einaudi, Stile libero big, 2016

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Leros (Grecia), Italia

Pagine: 408

Prezzo: 20 €

Consigliato: sì.

 

domenica 11 settembre 2016

RECENSIONE: MARGARET MAZZANTINI - NON TI MUOVERE


Sinossi:

Una giornata di pioggia e di uccelli che sporcano le strade, una ragazza di quindici anni che scivola e cade dal motorino. Una corsa in ambulanza verso l'ospedale. Lo stesso dove il padre lavora come chirurgo. È lui che racconta l'accerchiamento terribile e minuzioso del destino. Il padre in attesa, immobile nella sua casacca verde, in un salotto attiguo alla sala operatoria. E in questa attesa, gelata dal terrore di un evento estremo, quest'uomo, che da anni sembra essersi accomodato nella sua quieta esistenza di stimato professionista, di tiepido marito di una brillante giornalista, di padre distratto di un'adolescente come tante, è di colpo messo a nudo, scorticato, costretto a raccontarsi una verità straniata e violenta. Parla a sua figlia Angela, parla a se stesso. Rivela un segreto doloroso, che sembrava sbiadito dal tempo, e che invece torna vivido, lancinante di luoghi, di odori, di oscuri richiami. Con precisione chirurgica Timoteo rivela ora alla figlia gli scompensi della sua vita, del suo cuore, in un viaggio all'indietro nelle stazioni interiori di una passione amorosa che lo ha trascinato lontano dalla propria identità borghese, verso un altro se stesso disarmato e osceno.

 

Ho letto diversi libri di Margaret Mazzantini, quindi il fatto che non scriva storie da ombrellone non era una novità per me. Tuttavia non mi aspettavo un libro così profondamente intriso di dolore, angoscia, disperazione. “Non ti muovere”, meritatissimo premio Strega 2002, è un monologo sincero di Timoteo, un padre chirurgo che si mette completamente a nudo davanti alla figlia quindicenne, Angela, che è dall’altra parte del vetro di una sala operatoria, sotto i ferri di un collega del padre, che sta disperatamente tentando di salvarla da un brutto incidente di moto. Elsa, madre di Angela e moglie di Timoteo, è a Londra ad intervistare un personaggio importante. La notizia dell’incidente della figlia la coglie in aeroporto, appena scesa dall’aereo. Ora sta tornando, ma c’è ancora molto tempo prima del suo arrivo. C’è il tempo di un intervento lungo e difficile, c’è il tempo sospeso tra la vita e la morte che un padre in attesa trascorre da solo in una sala asettica. Ed è questa solitudine disperata che porta Timoteo ad instaurare questo contatto mentale con la figlia, un contatto che nella realtà non ha mai avuto. Ora, invece, le racconta la sua vita, i suoi sbagli, i tentennamenti, la maschera sociale che si è creato intorno, il matrimonio di facciata con una donna troppo perfetta, troppo intelligente, troppo elegante. Ora che è sfondato dal dolore, Timoteo torna indietro, a quindici anni prima, ad un giorno d’estate in cui ha incontrato Italia, una donna scialba, non attraente, smunta, troppo truccata, con tacchi troppo alti, che gli suscita un’attrazione fisica tanto forte quanto inspiegabile. Da quel giorno parte il racconto di un uomo diviso tra il se stesso formale, borghese, con un prestigio sociale da mantenere, ed un se stesso rude, osceno e squallido come la storia che intraprende con Italia. E’ una storia fatta di povertà ed orgoglio, rudezza e debolezza, egoismo e generosità. E’ una storia che sconvolgerà la vita di Timoteo nel profondo e lo renderà capace di amare come non ha fatto mai. Ma la vita è crudele e gli porterà via l’unica creatura che abbia amato davvero, l’unica per cui abbia provato affetto. E’ in queste ore di attesa che Timoteo confessa finalmente a se stesso, senza sconti, le sue colpe per non essere mai riuscito a donare davvero affetto a nessuno, neanche alla moglie o alla figlia e per aver imparato ad amare troppo tardi.

L’autrice non dà giudizi, non ce n’è bisogno, bastano già quelli severi cui Timoteo sottopone se stesso. La Mazzantini racconta, entrando perfettamente nella mentalità dell’uomo, i ricordi vividi di un passato sepolto troppo in fretta. “Non ti muovere” è un libro forte, pieno di sentimenti autentici, in cui si ha la sensazione di essere sempre in bilico tra vivere e morire, tra sprofondare e rinascere. Lettura consigliata, sì, perché non ci si sottrae al dolore, lo si affronta con i mezzi che si hanno a disposizione, proprio come fa Italia… e a volte si vince, altre si perde, nel valzer straziante della vita.

 

Opera recensita: “non ti muovere” di Margaret Mazzantini

Editore: Mondadori, 2001

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Italia, città non definita

Pagine: 295

Prezzo: 16,53€

Consigliato: sì.

 

martedì 6 settembre 2016

RECENSIONE: MICHAEL DOBBS - HOUSE OF CARDS (LIBRO I)


Sinossi:

"La politica richiede sacrificio. Il sacrificio degli altri, ovviamente. Per quanto un uomo possa ottenere, sacrificandosi per il suo paese, è comunque più conveniente lasciare che siano gli altri a farlo per primi. Il tempismo, come dice sempre mia moglie, è tutto". Questa è una delle massime di Francis Urquhart, per alcuni semplicemente FU, una specie di patrizio solitario, aristocratico molto vecchio stile, che ha passato l'età della maturità, dopo aver dedicato la propria vita alla politica, all'ombra di Westminster. È arrivato ai vertici del suo partito, pur incarnando un ruolo in apparenza lontano dai riflettori. È il più stretto consigliere del primo ministro e anche il custode dei segreti degli uomini che gli siedono accanto. Segreti molto personali, debolezze, fragilità, vizi: parole che nella carriera di un uomo politico rappresentano pericoli mortali, perché incompatibili con il ruolo di potere che riveste. Ed è questo materiale che Francis decide di sfruttare per raggiungere la sua vetta personale. Da dietro le quinte di una fase politica difficile e incerta, questo regista impeccabile riesce a muovere tutti, pedine di un gioco spietato, dove il ricatto diventa un raffinato intreccio narrativo. Di quale materia siano fatti potere e ambizione, quali siano i legami tra l'informazione e i destini politici di un paese, lo scoprirà Mattie Storin, tagliente cronista politica, decisa a stanare la verità su una crisi di governo in cui nulla sembra accadere per caso.
 
 

Politica. Politica allo stato puro è quella che troviamo nelle 447, stupende pagine di questo romanzo. Un libro freddo, lucido, distaccato, proprio come il suo protagonista, Francis Urquhart. Francis, anche detto FU, è il più stretto collaboratore del primo ministro, il chief wip, colui che conosce tutti i parlamentari, le loro abitudini, i loro difetti, i loro segreti. Non fa parte del governo, ma agisce nell’ombra, regista incontrastato e perfetto conoscitore di tutte le cospirazioni, macchinazioni, truffe e giochetti delle stanze del potere. Un personaggio, insomma, che sarebbe meglio non far arrabbiare o, almeno, non contrariare… ma il primo ministro Harry Colinridge, neoeletto con una maggioranza piuttosto risicata, questo non l’ha considerato e non ha dato al suo Chief Wip l’incarico che desiderava. E’ proprio allora che Francis, astuto, calcolatore ed intelligente come pochi, deluso dal trattamento ricevuto, ordisce un piano per rovesciare il primo ministro e raggiungere il potere a modo suo. Sulla sua strada incontra, però, una giovane giornalista, Mattie Storin, che ambisce a diventare la migliore cronista parlamentare del Paese e, forse, del mondo. Tra i due si instaura un gioco molto pericoloso, fatto di equilibri instabili tra desiderio e controllo, tra verità e complotto... fino all’ultimo, sconvolgente, capitolo. Sono tanti i personaggi che punteggiano il mondo di FU e la politica londinese del dopo Tatcher, e sono tanti i fili che Francis dovrà tirare per raggiungere il suo scopo, ma la mente geniale di un leader non si ferma davanti a niente e nessuno e “se si decide di essere crudeli, è inutile essere crudeli solo a metà”.

Dopo le prime pagine in cui si fa fatica ad entrare nella storia ed a familiarizzare con lo stile stringato ed a tratti criptico di Dobbs, il libro esplode in un climax ascendente di interesse, fascino e suspence. Si arriva alla fine in un lampo, con un misto di sensazioni contrastanti: pena per le tante ambizioni spazzate via, sdegno per certi comportamenti abietti, ammirazione per la tenacia di Mattie e la genialità di Francis ed anche una buona dose di brivido! Più si alza la posta in gioco, più aumenta la tensione vibrante delle pagine e ci si chiede, come fa Mattie, fino a dove arrivi l’ambizione, di cosa sia fatto il potere e di quali compromessi si nutra. Ed il risvolto inquietante del romanzo è dato dal fatto che a scriverlo sia stato un politico, un uomo che è stato ai vertici del potere e che ha visto ciò che accade nel mondo dei potenti. Il racconto di Dobbs è assolutamente verosimile e si fa davvero fatica a distinguere il confine tra realtà e fantasia.

Qualche curiosità: “house of cards” è il primo di tre libri che hanno come protagonista Francis Urquhart; fu scritto da Dobbs nel 1989, ma l’autore lo ha rimaneggiato e ridato alle stampe nel 2014. Dal libro è stata tratta una fortunata serie Tv che ha ridato notorietà a queste pagine. Ogni capitolo è corredato da una massima di Francis Urquhart... queste massime, da sole, meriterebbero un'analisi a parte, tanti sono gli spunti di riflessione che forniscono.

Personalmente ho molto apprezzato l’approccio cinico e disilluso di Dobbs e leggerò anche gli altri due libri… e voi? Cominciate dal primo, ne vale la pena!

 

Opera recensita: “House of cards” di Michael Dobbs

Editore: Fazzi, 2014

Genere: romanzo

Ambientazione: Londra

Pagine: 447

Prezzo: 14,90 €

Consigliato: sì.

 

venerdì 2 settembre 2016

RECENSIONE: VALENTINA D'URBANO - ACQUANERA


Sinossi:

È un mattino di pioggia gelida, che cade di traverso e taglia la faccia, quello in cui Fortuna torna a casa. Sono passati dieci anni dall'ultima volta, ma Roccachiara è rimasto uguale a un tempo: un paesino abbarbicato alle montagne e a precipizio su un lago, le cui acque sembrano inghiottire la luce del sole. Fortuna pensava di essere riuscita a scappare, di aver finalmente lasciato il passato alle spalle, spezzato i legami con ciò che resta della sua famiglia per rinascere a nuova vita, lontano. Ma nessun segreto può resistere all'erosione dell'acqua nera del lago. A richiamarla a Roccachiara è un ritrovamento, nel profondo del bosco, che potrebbe spiegare l'improvvisa scomparsa della sua migliore amica, Luce. O forse, a costringerla a quel ritorno è la forza invisibile che ha sempre unito la sua famiglia: tre generazioni di donne tenaci e coraggiose, ognuna a suo modo...

 

“Acquanera”… che dire? Valentina D’Urbano riesce sempre a sorprendermi: ho adorato il suo primo romanzo, “Il rumore dei tuoi passi”, un po’ meno sconvolgente ma comunque bello “quella vita che ci manca”, ma questo… questo “acquanera” non saprei classificarlo. Mi è piaciuto? Credo di sì… di sicuro mi ha scosso e raggelato!

E’ ambientato a Roccachiara, un paesino apparentemente senza tempo, abbarbicato sulle montagne, dove l’inverno è freddo ed innevato e dove la vita ruota intorno ad un lago, un lago dalle rive fangose e dalle acque fredde e nere, in cui è meglio non fare il bagno. Sono proprio le acque del lago che Elsa, giovane cameriera in casa del sindaco, vede nei suoi sogni… ma invece che nere, le acque sono trasparenti e questo è segno di sciagura e di morte. E’ da qui che parte la storia familiare raccontata magistralmente da Valentina D’Urbano: è la storia di tre donne, Elsa, Onda e Fortuna, madre, figlia e nipote, che hanno doni particolari, conoscono le erbe, quelle buone e quelle cattive, sentono le presenze e vedono le anime dell’Aldilà. Questo le isola dal resto del paesino: gli altri le guardano con diffidenza, le emarginano per poi ricorrere al loro aiuto in casi particolari. Ciò che non si conosce fa paura ed insieme affascina, ed è questo che devono scontare queste donne: il disprezzo e la solitudine che contribuisce ad avvolgere loro, la loro casa e il lago in un alone di mistero. Questi doni condizionano le loro vite, gli sguardi sfuggenti, le maldicenze, le umiliazioni segnano le loro anime rendendole ancora più tormentate, folli e sole. Ma Fortuna, la più piccola, la figlia di Onda, lei sembra diversa. Lei sembra non avere poteri paranormali e questo restituisce la speranza a sua nonna Elsa, speranza che aumenta quando finalmente Fortuna trova un’amica, Luce, la figlia del becchino… ma c’è davvero qualcosa in cui sperare? L’amicizia con Luce si trasforma in qualcosa di morboso, quasi malato, quasi… letale. E’ un rapporto in bilico su segreti sconosciuti o inespressi… ma prima o poi tutto viene a galla e ciò che siamo può travolgerci… non si sfugge a ciò che siamo.

Sembra essere questa la lezione che l’autrice vuole lasciarci alla fine di questa storia tetra, a volte macabra e un po’ surreale… noi siamo ciò che abbiamo vissuto, il posto da cui veniamo, le braccia che ci hanno cullato. Ciò che ci circonda, anche quando tentiamo di respingerlo, finisce sempre per condizionare noi e chi ci sta intorno.

“Acquanera” è un libro strano, diverso dagli altri della stessa autrice: Valentina D’Urbano ci ha abituato a storie di disagio, di emarginazione e degrado. Ma qui si spinge oltre, nel terreno fangoso delle tradizioni popolari, delle dicerie di paese, dei rimedi di streghe e fattucchiere, creando un’ambientazione cupa che odora di freddo come le acque di un lago ghiacciato, di umido come il muschio dei boschi, e di un odore ancestrale di paura e di morte, come quello che si sente in un cimitero deserto.

Consiglierei questo libro? Sì, se non cercate qualcosa di allegro o romantico e se volete leggere un romanzo che non sia thriller o fantasy, ma che un pochino vi si avvicini. E sì, se in voi c’è ancora una piccola parte irrazionale che crede alle vecchie storie popolari, storie di cose inspiegabili, di donne con il capo coperto che sanno rimestare le erbe per donare o per togliere.

Ancora una volta, comunque, complimenti a Valentina D’Urbano che non ha paura di allontanarsi dal seminato per raccontarci storie sempre nuove con il suo stile diretto ed essenziale. Valentina… però, la prossima volta magari qualche morto in meno? J

 

Opera recensita: “acquanera” di Valentina D’Urbano

Editore: Longanesi, 2013

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Roccachiara

Pagine: 357

Prezzo: 14,90 € (rilegato); 6,99 € (ebook)

Consigliato: sì.