simposio lettori copertina

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giovedì 28 dicembre 2017

RECENSIONE: WULF DORN - IL MIO CUORE CATTIVO


Sinossi:

C’è un vuoto nella memoria di Dorothea. Quella sera voleva uscire a tutti i costi ma i suoi l’avevano costretta a fare la babysitter al fratello minore

mentre loro erano a teatro. Ricorda che lui non ne voleva sapere di dormire e urlava come un pazzo. Ricorda una telefonata che l’aveva sconvolta, ricorda

di aver perso la testa, e poi più niente. Più niente fino agli occhi sbarrati del fratellino, senza più vita. C’è un abisso in quel vuoto di memoria, un

abisso che parole come «arresto cardiaco» non riescono a colmare. Perché la verità è che lei non sa cosa ha fatto in quel vuoto. Ma sa che sarebbe stata

capace di tutto… Solo adesso, dopo mesi di ospedale psichiatrico, di terapie, di psicologi, ha raggiunto faticosamente un equilibrio precario. Ha cambiato

casa, scuola, città: si aggrappa alla speranza di una vita normale. Ma una notte vede in giardino un ragazzo terrorizzato che le chiede aiuto e poi scompare

senza lasciare traccia. E quando, dopo qualche giorno, Dorothea scopre l’identità del ragazzo e viene a sapere che in realtà lui si sarebbe suicidato prima

del loro incontro, le sembra di impazzire di nuovo. I fantasmi del passato si uniscono a quelli del presente precipitandola in un incubo atroce in cui

non capisce di chi si può fidare, e in cui la sua peggiore nemica potrebbe rivelarsi propri lei stessa…

Incalzante, avvincente, il nuovo psicothriller di Wulf Dorn spiazza il lettore lasciandolo con il fiato sospeso fino all’ultima pagina.

 

Commento:

Dorotea, che preferisce essere chiamata Doro, è una diciottenne con una capacità particolare, la sinestesia: per lei ogni persona ha un colore, il bruno ambrato della madre, l’avorio del padre, il tranquillizzante color sabbia per il dottor Nord, lo stabilizzante marrone terra fresca del dottor Fornstner, il rosso per la follia. Rosso follia come quella che ricollega a quattordici mesi prima, quando suo fratello è morto: Doro non ricorda quasi nulla di quella sera, sa solo che i suoi l’avevano obbligata a fargli da baby sitter, che lei avrebbe voluto andare a una festa, e poi sente una voce inquietante che le chiede cos’ha fatto. Ma lei, lei che tutti considerano pazza, non lo sa cos’ha fatto, non lo ricorda. Trasferitasi con la madre in un’altra città, dopo i mesi in ospedale psichiatrico, Doro prova a recuperare l’equilibrio, a riprendere in mano la sua quotidianità, a recuperare il rapporto con la madre e a farsi nuovi amici. Ma qualcosa di strano accade nella nuova casa: in piena notte, nel capanno del suo giardino, Doro trova un ragazzo ferito che le chiede aiuto dicendo di essere inseguito da un demonio. Quando però Doro va a chiedere aiuto il ragazzo scompare: è l’unica ad averlo visto e lo spettro della pazzia la perseguita. Nessuno le crede… ma qualcuno la aiuta nelle ricerche: Julian, il vicino di casa figlio del suo nuovo psichiatra, David, il ragazzo del lido dove va a lavorare, lo stesso dottor Nord… ma man mano che le “visioni” e le scoperte aumentano la credibilità di Doro diminuisce e la sua storia sembra sempre più assurda, sempre più frutto di una mente malata. Ma questo ragazzo esiste davvero o è solo un’allucinazione di Doro? E chi ha maltrattato il cane Nero? E chi c’era nella cantina della vecchia fabbrica? Troppe domande e troppe poche persone a dover trovare le risposte, fino a quando  la sinestesia di Doro e la sua tenacia saranno le sue uniche armi. Un thriller incalzante, inquietante, con un finale imprevedibile. Un altro esercizio di stile del grande Wulf Dorn che non delude mai.

Consigliato a chi ama i thriller psicologici, a chi non disdegna velocità e pathos e a chi ama lasciarsi sedurre e sorprendere dalla storia anche se qualche volta potrebbe risultare poco verosimile.

 

 

Opera recensita: “Il mio cuore cattivo” di Wulf Dorn

Editore: Corbaccio, 2014

Genere: thriller psicologico

Ambientazione: Germania

Pagine: 352

Prezzo: 14,90 €

Consigliato: sì.

 

mercoledì 27 dicembre 2017

RECENSIONE: SHI YANG SHI -CUORE DI SETA


Sinossi:

Per tutto il viaggio me ne restai con la testa appoggiata al sedile. Era la prima volta che volavo, mi facevano male le orecchie, avevo un po' di nausea,

e mi spaventavo ogni volta che l'aereo traballava. Nei pochi momenti che ero sveglio sbirciavo verso il finestrino alla mia sinistra e inventavo storie

coi personaggi che le forme delle nuvole di volta in volta mi suggerivano. Erano nuvole di mían hūatáng, 'cotone caramella', lo zucchero filato che spiluccavo,

in Cina, fra le bancarelle dei mercatini serali. Era il marzo del 1990 e, a soli undici anni, stavo volando verso Oūzhōu, l'Europa, insieme a Mama, mia

madre...

Inizia così l'avventura di Shi Yang Shi in Italia, un mondo sul quale ha spesso fantasticato ma che scoprirà fin da subito molto diverso da come lo aveva

immaginato. Dopo un viaggio interminabile, infatti, il piccolo Yang, in Cina studente brillante e figlio unico adorato di genitori benestanti, si ritrova

a Milano, senza il padre, costretto a dormire insieme a Mama su giacigli improvvisati nella cucina di una famiglia di conoscenti, alle prese con una lingua

di cui non sa nemmeno una parola e circondato da lǎowài, stranieri dagli occhi grandi e naso grosso che si assomigliano un po' tutti. Tutto per lui è nuovo

e difficile, e dopo solo pochi mesi che sembrano però una vita intera, i suoi sogni di bambino si sono già accartocciati l'uno dopo l'altro di fronte alla

realtà. A mano a mano che questo accade, lo strappo che la partenza da Jǐnán ha prodotto nel suo giovane cuore di seta avanza, inesorabile e silenzioso.

Perché la sua anima è divisa, in bilico, tra la vecchia vita in Cina e la nuova in Yìdàlì, tra vecchie e nuove abitudini, tra la voglia di rispettare la

tradizione e la famiglia e il desiderio di affermare se stesso, realizzando i suoi sogni. Come se dentro di lui germogliasse invisibilmente un seme biforcuto,

che non sa se svilupparsi verso l'obbedienza o la ribellione. Nel raccontarci i tentativi fatti per raggiungere un equilibrio faticoso quanto delicato,

Yang ci trasporta nel suo mondo multicolore di giovane cinese cresciuto in Italia regalandoci una storia che sa essere amara, ma anche divertente e piena

di speranza.

 

Commento:

Shi Yang Shi, oggi attore trentottenne, ci racconta la sua storia di immigrato clandestino, di bambino arrivato in Italia dalla Cina con la madre per migliorare la condizione sociale della famiglia.

In Cina la sua era una famiglia benestante e lui era uno studente modello, il primo della classe. Ma quando, dopo varie peregrinazioni, Yang arriva a Milano è costretto a vivere in condizioni miserevoli, a ringraziare lo zio per l’ospitalità, a dormire su una branda, a parlare con Baba – il padre – solo da lontano al telefono della rosticceria dello zio dove lavora con la madre. E a scuola non riesce a brillare, non conosce l’italiano, non riesce a farsi degli amici, il suo essere ammirato per l’impegno nello studio si trasforma in sinonimo di derisione da parte dei compagni… Yang cresce e soffre, diviso tra la voglia di ribellarsi e la pressione della responsabilità di onorare la famiglia di cui è l’unico erede. Ma non c’è solo la difficoltà di adattarsi, c’è anche l’adolescenza che irrompe confondendo, agitando, accrescendo lo strappo fatto con la partenza al suo cuore di seta. Così cominciano i conflitti, le tensioni sessuali, le incomprensioni con i genitori… ma pian piano qualcosa cambia e Yang comincia a capire che deve essere lui a prendere in mano le redini della sua vita, a dover decidere per il suo futuro. Così affronta la sua omosessualità, cambia percorso di studi, comincia a decidere per sé e ritorna a volare alto come un dragone.

Questa è una storia di distacchi e partenze, di turbamenti e piccole vittorie personali, di crescita, di cambiamento e di speranza per il futuro. Un libro breve ma intenso, una lettura gradevole che sa di tradizione, cultura e voglia di farcela. Consigliato!

 

Opera recensita: “Cuore di seta” di Shi Yang Shi

Editore: Mondadori, 2017

Genere: autobiografia

Ambientazione: Cina-Italia

Pagine: 166

Prezzo: 17,00 €

Consigliato: sì.

 

martedì 26 dicembre 2017

RECENSIONE: JULIAN FELLOWES - BELGRAVIA


Sinossi:

Nel giugno del 1815, Bruxelles appare 'en fête', con le affollate bancarelle nei mercati e le carrozze aperte pitturate a colori vivaci. Nessuno immagina

che l'imperatore Napoleone sia in marcia, pronto ad accamparsi sul limitare della città da un momento all'altro. La diciottenne Sophia Trenchard, tipica

bellezza inglese bionda dagli occhi azzurri, non ha alcun interesse per le questioni belliche; i suoi pensieri sono rivolti a Lord Edmund Bellasis, erede

di una delle famiglie più importanti della Gran Bretagna, che le ha appena procurato gli inviti per il ballo della duchessa di Richmond. La guerra ha alterato

gli schemi, permettendo di tralasciare le solite regole, e l'ambiziosa Sophia è intenzionata a non lasciarsi sfuggire questa occasione, insperata per una

ragazza con i suoi natali. Suo padre, James Trenchard, è "il Mago", un abile commerciante che fornisce pane e birra ai soldati. Partito da una bancarella

a Covent Garden, grazie a un vero talento per gli affari, ha compiuto una vertiginosa scalata sociale, spinto dall'insopprimibile desiderio di appartenere

al bel mondo. Anne, la moglie di James, sembra essere l'unica della famiglia Trenchard ad aver conservato un po' di buon senso e a ostacolare l'unione

tra la figlia e Edmund Bellasis. Durante il ballo un aiutante di campo irrompe nella sala recando con sé una missiva. Le truppe francesi hanno oltrepassato il confine e gli ufficiali inglesi, le uniformi da gala ancora indosso, vengono richiamati ai propri reggimenti. Le sale piene di fiori, tanto

profumate ed eleganti a inizio serata, diventano teatro di strazianti scene di commiato, compreso quello tra Sophia e Lord Bellasis, ignari della piega

che sta per prendere la loro vita. Venticinque anni dopo i Trenchard, tornati in Inghilterra, vivono a Belgravia, un quartiere di nuova costruzione edificato

da James, che ha fatto fortuna nel campo dell’edilizia. Non lontano da loro sorge la dimora dei conti di Brockenhurst, i genitori di Edmund Bellasis. Le

due famiglie appaiono tanto distanti per estrazione sociale quanto unite da un segreto diventato oggetto di un curioso interesse nei salotti londinesi,

scatenando i pettegolezzi della servitù e mettendo in moto una catena di eventi non privi di colpi di scena e rivelazioni. Con uno stile impeccabile, tra

personaggi irresistibili e descrizioni magistrali, Fellowes – già autore dell’acclamato Downton Abbey – ha scritto un romanzo che, con sagacia e ironia,

affronta le tensioni tra le nuove famiglie benestanti e la vecchia aristocrazia nell’Inghilterra vittoriana.

 

Commento:

La quarta di copertina riassume molto bene il punto di partenza di questa storia che si dipana nella Londra vittoriana di metà Ottocento, in cui le differenze di classe, che ai nostri occhi potrebbero apparire inezie incomprensibili, erano tenute oltremodo in considerazione. E’ fondamentalmente questo il tema portante del libro: la figlia di un mercante arrampicatore sociale e costruttore di case ebbe l’ardire di intrattenersi con l’erede di un’importante famiglia nobile e venticinque anni dopo vengono a galla trame e segreti di quell’unione e di quel periodo.

Questi eventi danno origine a nuovi intrighi, macchinazioni, pettegolezzi, supposizioni sbagliate e piccole vendette che vedono al centro un inconsapevole giovane commerciante con il talento per gli affari, Charles Pope. Chi è questo giovane che attira l’interesse di tanti variegati personaggi? Questa è la domanda cruciale che permette al bravissimo Julian Fellowes di condurci in un intricato dedalo di vicende che sarà difficile ed affascinante districare. Dopo un inizio non esattamente avvincente che farebbe pensare ad un romanzetto senza infamia e senza lode, la lettura migliora e ci si ritrova a seguire con interesse le vicende dei personaggi.

Più che di un romanzo storico, si tratta di un romanzo di ambientazione storica, che unisce le ambientazioni tipiche della classe medioalta della società londinese ottocentesca e uno stile svecchiato e – essendo stato scritto oggi - privo dell’ampollosità tipica dei romanzi scritti in quel periodo. Tutto questo rende “Belgravia” un libro apprezzabilissimo: ben inteso, è ben lungi dall’essere un capolavoro, ma è comunque una lettura leggera e molto gradevole in cui si trova un po’ di tutto, dall’amore alla differenza di classe, dall’ambientazione già pregevole di per sé ad un accenno di colonialismo, da una saga familiare ad uno spaccato del mondo e del vissuto di una Londra diversa da quella che conosciamo oggi. Per tirare le somme, quindi, una lettura consigliata a chi cerchi un libro leggero ma non banale ed ami le ambientazioni ottocentesche. Se poi avete visto Downton Abbey ci ritroverete molto in queste pagine: sebbene ambientato un po’ più indietro nel tempo, “Belgravia” nasce proprio dalla penna dello stesso sceneggiatore, quindi se la serie vi era piaciuta non potrete non apprezzare questo libro.

 

Opera recensita: “Belgravia” di Julian Fellowes

Editore: Neri Pozza, 2016

Genere: narrativa straniera, romanzo storico

Ambientazione: Bruxelle 1815-Londra 1841

Pagine: 414

Prezzo: 18,00 €

Consigliato: sì.

 

sabato 23 dicembre 2017

RECENSIONE: CHARLES DICKENS - CANTO DI NATALE (A CHRISTMAS CAROL)


Sinossi:

Ebenezer Scrooge, arido e spilorcio finanziere londinese, odia il Natale. Lo considera - anzi - tempo perso, e un ostacolo al proprio arricchimento. Ma

la notte della Vigilia, dopo una giornata passata alla scrivania senza nulla concedere all'atmosfera festosa che lo circonda, riceve la visita di tre spiriti:

quello del Natale passato, quello del Natale presente e quello del Natale futuro. Nel corso di un fantastico viaggio che farà rivivere a Scrooge tutte

le tappe della propria vita e intravedere un ben misero futuro, gli spiriti riusciranno ad aprire i suoi occhi a sentimenti di generosità e amore. Il Canto

di Natale non è però solo una favola a lieto fine. È anche uno degli esempi meglio riusciti di critica sociale di Dickens, oltre che una delle più famose

e commoventi storie sul Natale.

 

Commento:

Beh, ci sarebbe tanto da dire su questo libro, ma credo che la cosa migliore sia lasciare che siano le pagine a parlare: questo non è un libro da recensire, analizzare, scandagliare. E’ un libro da leggere e rileggere a tutte le età, perché ha la capacità di condensare tanti insegnamenti in poche pagine e, soprattutto, perché è il miglior augurio che ci si possa fare per vivere il Natale e l’intero anno animati dai migliori sentimenti.

La storia è arcinota: Ebenezer Scrooge, avaro sia di denaro che di sentimenti, odia il Natale e scaccia chiunque gli faccia perdere tempo con cose legate a questa festa. Una fredda notte della vigilia, però, riceve la visita del suo vecchio amico e socio Marley, morto da sette anni, che dopo averlo ben rimproverato gli offre una possibilità di redimersi: Scrooge riceverà la visita di altri tre spiriti, quello del Natale passato, quello del Natale presente e quello del Natale futuro. Questa visita sarà davvero traumatica per Scrooge, poiché lo metterà di fronte a ciò che è stato, a ciò che è oggi e a ciò che sarà di lui se non cambia atteggiamento. Inutile dire che non ci sarà, dopo quella notte, un uomo che onori il Natale più degnamente di lui!

Una lettura imprescindibile, consigliata davvero a tutti… per entrare davvero nello spirito del Natale.

 

Opera recensita: “Canto di Natale” di Charles Dickens

Editore: Bur-Garzanti-Paoline e altri, prima ed. 1843

Genere: classico-fantasy-fiaba

Ambientazione: Londra

Pagine: 100 (Ed. Garzanti 2012)

Prezzo: 4,90 €

Consigliato: assolutamente sì.

 

venerdì 22 dicembre 2017

RECENSIONE: SIBILLA ALERAMO - UNA DONNA


Sinossi:

Questo romanzo di Sibilla Aleramo è del 1906. La sua immediata fortuna in Italia e nei paesi in cui fu tradotto segnalò una nuova scrittrice, che in seguito

avrebbe fornito altre prove di valore, segnatamente nella poesia. Ma soprattutto esso richiamò l'attenzione per il suo tema: si tratta infatti di uno dei

primi libri 'femmisti' apparsi da noi. Prefazione di Anna Folli, postfazione di Emilio Cecchi.

 

Commento:

Un libro osannato e ripubblicato per decenni, un libro considerato quasi un manifesto femminista italiano, un libro su cui ho letto recensioni entusiastiche e lodi sperticate, un libro dal quale personalmente mi aspettavo di più.

E’ il racconto straziante, ma anche lucido e consapevole, di una donna che, dopo un’infanzia senz’affanni, nella sicurezza di essere amata, si affaccia all’adolescenza con prospettive rosee di indipendenza e agiatezza, ma subisce un brusco risveglio ed un ingresso in società mediante un matrimonio riparatore.

Da qui comincia una vita fatta di ribellioni soffocate, di indecisioni, di una maternità fatta di eccessi febbrili, di un disamore profondo per l’uomo che ha accanto e tante infatuazioni flebili e quasi incorporee. Tutta la giovinezza di questa donna va avanti così, in balia del rimpianto e di una decisione che tarda a maturare, fino alla notte in cui la risoluzione tanto annunciata arriva e lei si riappropria della sua vita, lasciandosi dietro tutto, anche gli affetti più veri.

Certamente si tratta di un racconto realistico e scritto magistralmente… ma è scritto così bene che immagino la protagonista e, mio malgrado, non posso farmela piacere: il suo non è, a mio modo di vedere, vero femminismo, ma solo un pallido fuoco di quell’ardore che poi portò alle lotte ed alle conquiste per cui oggi noi ancora ringraziamo. La protagonista è una donna fondamentalmente incentrata su se stessa, incapace di prestare attenzione ed affetto costante a chi le sta intorno. Probabilmente sarò dura e mi si potrà accusare di non tenere conto del contesto in cui il libro è ambientato, ma credo che l’eccessiva libertà goduta da bambina, l’attaccamento morboso al padre e la totale disaffezione per la madre non abbiano mai cessato di produrre effetto su di lei. E’ proprio questo sentimento negativo ispiratomi dalla protagonista a far sì che non consigli pienamente questa lettura: si tratta indubbiamente di un ottimo racconto, di uno spaccato dell’Italia precedente alla Grande Guerra, che vale la pena leggere, ma a me personalmente ha lasciato insoddisfazione ed amaro in bocca. Lo consiglio, ma con molte riserve.

 

Opera recensita: “Una donna” di Sibilla Aleramo

Editore: Feltrinelli, prima ed. 1906

Genere: letteratura italiana

Ambientazione: Italia

Pagine: 172 (ed. 2013)

Prezzo: 8,50 €

Consigliato: sì/no.

 

giovedì 21 dicembre 2017

RECENSIONE: ALESSANDRO D'AVENIA - OGNI STORIA E' UNA STORIA D'AMORE


Sinossi:

L’amore salva?

Quante volte ce lo siamo chiesti, avvertendo al tempo stesso l’urgenza della domanda e la difficoltà di dare una risposta definitiva?

Ed è proprio l’interrogativo fondante che Alessandro D’Avenia si pone in apertura di queste pagine, invitandoci a incamminarci con lui alla ricerca di

risposte. In questo libro straordinario incontriamo anzitutto una serie di donne, accomunate dal fatto di essere state compagne di vita di grandi artisti:

muse, specchi della loro inquietudine e spesso scrittrici, pittrici e scultrici loro stesse, argini all’istinto di autodistruzione, devote assistenti,

o invece avversarie, anime inquiete incapaci di trovare pace. Ascoltiamo la frustrazione di Fanny, che Keats magnificava in versi ma con la quale non seppe

condividere nemmeno un giorno di quotidianità, ci commuove la caparbietà di Tess Gallagher, poetessa che di Raymond Carver amava tutto e riuscì a portare

un po’ di luce nei giorni della sua malattia, ci sconvolge la disperazione di Jeanne Modigliani, ammiriamo i segreti e amorevoli interventi di Alma Hitchcock,

condividiamo l’energia quieta e solida di Edith Tolkien. Alessandro D’Avenia cerca di dipanare il gomitolo di tante diversissime storie d’amore, e di intrecciare

il filo narrativo che le unisce, in un ordito ricco e cangiante. Per farlo, come un filomito, un “filosofo del mito”, si rivolge all’archetipo di ogni

storia d’amore: Euridice e Orfeo. Un mito che svolge la sua funzione di filo (e in greco antico per indicare “filo” e “racconto” si usavano due parole

molto simili, mitos e mythos) perché contempla tutte le tappe di una storia d’amore, tra i due poli opposti del disamore (l’egoismo del poeta che alla

donna preferisce il proprio canto) e dell’amore stesso (il sacrificio di sé in nome dell’altro). Ogni storia è una storia d’amore è così un libro che muove

dalla meraviglia e sa restituire meraviglia al lettore. Perché ancora una volta D’Avenia ci incanta e ci sorprende, riuscendo nell’impresa di coniugare

il godimento puro del racconto e il piacere della scoperta. E con slancio ricerca nella letteratura – le storie che alcuni uomini, nel tempo, hanno raccontato

su se stessi e l’umanità a cui appartengono – risposte suggestive e potenti, ma anche concrete e vitali. Per poi offrirle in dono ai lettori, schiudendo

uno spiraglio da cui lasciar filtrare bagliori di meraviglia nel nostro vivere quotidiano, per rinnovarlo completamente nella certezza che “noi siamo e

diventiamo le storie che sappiamo ricordare e raccontare a noi stessi”.

 

Commento:

Beh, direi che la quarta di copertina racconta già tanto di questo ultimo, bellissimo, libro di Alessandro D’avenia. Qualcuno ha detto che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna: niente di più vero. Ce lo confermano molte delle storie raccontate in queste pagine dalla consueta maestria di D’Avenia nel creare emozioni. Già nel penultimo libro, “L’arte di essere fragili”, D’avenia affrontava il tema della felicità, della bellezza, della poesia dialogando con Leopardi. In quest’ultima opera il viaggio nella conoscenza dell’animo umano attraverso la letteratura continua e si evolve: con passo esperto l’autore ci porta ad incontrare tante donne, famose e meno famose, compagne di artisti noti, artiste loro stesse, tutte con le loro storie d’amore, di vita, di morte, di gioia, di dolore. Perché amare vuol dire conoscere l’altro, permettergli di conoscerci, è far sì che l’altro non muoia, è imparare a vivere. Così conosciamo tante forme d’amore, inquiete, servili, amorevoli, combattive, distruttive, costruttive, tenaci, passionali, egoistiche, tante quante sono le storie, tutte diverse, racchiuse in questo libro. Per farci da guida, da filo conduttore in questo viaggio nel tempo, nello spazio e soprattutto nell’arte, D’avenia sceglie un mito che ama molto, quello di Orfeo ed Euridice contenuto nelle Metamorfosi di Ovidio. E così, attraverso le tappe di questo racconto nel racconto, conosciamo la potenza dell’errore, dell’egoismo di un poeta che preferisce la musa all’amata, ed il mestoso strazio del sacrificio d’amore.

Una lettura complessa, ma importante, un gioco di emozioni tutte forti e spesso tra loro contrastanti create con parole che affascinano ed invitano a proseguire nel viaggio. Un libro consigliato perché appassiona ed accresce la sete di conoscenza e, soprattutto, perché sa di bellezza e di meraviglia.

 

Opera recensita: “Ogni storia è una storia d’amore” di Alessandro D’Avenia

Editore: Mondadori, 2017

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: non definita

Pagine: 324

Prezzo: 20,00 €

Consigliato: sì.

 

martedì 19 dicembre 2017

RECENSIONE: GIUSEPPE BERTO - LA GLORIA


Sinossi:

E se Giuda Iscariota non fosse il peggior traditore che sia mai esistito, ma il più santo tra i santi? Attraverso le pagine de «La gloria» conosciamo un

Giuda giovane, forte e coraggioso, che interroga e cerca con impazienza «qualche barlume di rivelazione, segni sottili» che gli indichino la presenza del

Messia. Come Giuda, anche Gesù sbaglia, si arrabbia, è umano, e gli apostoli non sono uomini soggiogati dalla fede ma affascinati dall'uomo, dal suo ascendente,

dalla speranza che egli sia chi dice di essere, in mezzo a una moltitudine di altri presunti redentori. Giuda è l'uomo che vive per la morte, la propria

e quella di Gesù, che lo accoglie con il compito pubblico di tesoriere, ma con quello segreto di tradirlo, quando dovrà compiersi il suo destino. Ciò che

afferma è che la morte è l'essenza stessa del Cristianesimo e che «all'origine dei prodigi c'è sempre il male». Giuda compie con il tradimento un ultimo

dovere d'amore, pagando con la dannazione un atto per cui era stato predestinato dalle Scritture. Ecco il Giuda di Giuseppe Berto: un martire condannato

all'eterna infamia con la sola colpa di essere stato scelto in funzione di un tradimento da compiersi affinché la Gloria di Dio potesse realizzarsi.

 

Commento:

In questo libro Giuseppe Berto ci pone di fronte al racconto della vita e morte di Gesù ricostruito in modo insolito, dal punto di vista di Giuda Iscariota, colui che passò alla storia per aver tradito il Messia. Con audacia narrativa, in una lettera-racconto indirizzato a Gesù, Berto affida a Giuda un’altra versione della storia: quella in cui Giuda tradisce Gesù come ultimo atto d’amore, consegnando completamente il suo destino a colui che crede essere “l’Unto”, il Messia. Giuda ci rivela l’esistenza di un patto fra lui e Gesù, dipinge per noi un Gesù arrogante, vanitoso, un incantatore che ammalia le folle con il suo carisma e con parole apparentemente magnifiche, ma in definitiva vuote e contraddittorie. Anche coloro che sono con lui non spiccano per intelligenza o devozione, e sarebbero pronti a tradirlo o abbandonarlo se trovassero un’offerta migliore, mentre lui, Giuda, il primo dei suoi servitori viene trattato come l’ultimo. Nonostante ciò, egli si sottopone alla dannazione eterna, per permettere che si compia la gloria di Dio, perché è vero che Gesù è luce e lui tenebra, ma la luce non potrebbe essere distinta se non esistesse la tenebra.

Un libro particolare, una lettura non facile né per contenuti né, soprattutto, per stile narrativo. Tuttavia questo, come altri libri, può essere un tassello importante in un percorso di conoscenza e discernimento della religione cristiana e della fede. Un buon libro sicuramente, lo consiglio, anche se personalmente l’ho trovato meno coinvolgente di altre opere con lo stesso tema.

 

Opera recensita: “La gloria” di Giuseppe Berto

Editore: Neri Pozza, prima ed. 1978

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Palestina-Israele

Pagine: 199 (ed. 2017

Prezzo: 16,00 €

Consigliato: sì.

 

lunedì 18 dicembre 2017

RECENSIONE: STEPHEN KING - SHINING


Sinossi:

L'Overlook, uno strano e imponente albergo che domina le alte montagne del Colorado, è stato teatro di numerosi delitti e suicidi e sembra aver assorbito

forze maligne che vanno al di là di ogni comprensione umana e si manifestano soprattutto d'inverno quando l'albergo chiude e resta isolato per la neve.

Uno scrittore fallito, Jack Torrance, con la moglie Wendy e il figlio Danny di cinque anni, accetta di fare il guardiano invernale all'Overlook ed è allora

che le forze del male si scatenano. Dinanzi a Danny, che è dotato di potere extrasensoriale, lo shine, si materializzano gli orribili fatti accaduti nelle

stanze dell'albergo, ma se il bambino si oppone con forza a insidie e presenze, il padre ne rimane vittima.

 

Commento:

Jack ha da poco perso il lavoro di insegnante a causa di alcuni suoi comportamenti dettati dal vizio dell’alchool, il suo lavoro di scrittore stenta a decollare ed ha una moglie – Wendy – e un figlio di cinque anni – Danny – da mantenere. Così accetta il lavoro di guardiano invernale e si trasferisce con la famiglia all’Hotel Overlook che dovrà custodire da ottobre ad aprile. L’Hotel, isolato dal mondo e situato in cima alle montagne del Colorado che d’inverno si coprono di neve, non gode di buona fama nel circondario: sebbene sia un posto di lusso, un resort esclusivo per celebrità, vanta un passato costellato di eventi macabri, delitti, suicidi, fatti di sangue che non sembrano essere del tutto risolti. Qualcosa si cela nell’albergo e Danny, il figlio di Jack e Wendy, lo sa ancora prima di arrivarci. Perché? Perché Danny capisce le cose, le vede, le sente, prima degli altri: come dice il cuoco dell’albergo, Danny irradia, ha l’aura ed è proprio a lui che punta l’Overlook.

Danny, insieme al cuoco Dick Allorann, è il personaggio più interessante – ma non il più inquietante – del libro: è soggetto a frequenti fenomeni di precognizione di forte intensità, ha un’intelligenza acutissima e una proprietà di linguaggio sorprendente per un bambino della sua età. E’ coraggioso, troppo adulto per i suoi anni e non ci si può non affezionare a lui. Il destino che il suo potere gli ha riservato non è dei più facili ed è costellato di perdite e sofferenze, ma lui è forte e ce la farà, specie se accanto avrà un amico come Dick.

Un libro bellissimo, un thriller-horror inquietante dal quale è difficile staccarsi. La proverbiale capacità di King di descrivere la quotidianità qui non può esprimersi al meglio perché i personaggi non sono moltissimi, ma è compensata da un’immaginazione scatenata che rende “Shining” ai livelli più alti fra le opere di King per suspense ed intreccio narrativo. Bello ed avvincente, lo consiglio agli amanti del genere. Ottimo libro dal quale nel 1980 è stato tratto anche un film diretto da Stanley Kubrick.

 

Opera recensita: “Shining” di Stephen King

Editore: Bompiani, prima ed. 1977

Genere: horror

Ambientazione: Stati Uniti

Pagine: 588 (ed. 2014)

Prezzo: 13,00 €

Consigliato: sì.

 

sabato 16 dicembre 2017

RECENSIONE: MATTEO BUSSOLA - NOTTI IN BIANCO, BACI A COLAZIONE


Sinossi:

Il respiro di tua figlia che ti dorme addosso sbavandoti la felpa. Le notti passate a lavorare e quelle a vegliare le bambine. Le domande difficili che

ti costringono a cercare le parole. Le trecce venute male, le scarpe da allacciare, il solletico, i "lecconi", i baci a tutte le ore. Sono questi gli istanti

di irripetibile normalità che Matteo Bussola cattura con felicità ed esattezza. Perché a volte, proprio guardando ciò che sembra scontato, troviamo inaspettatamente

il senso di ogni cosa. Padre di tre figlie piccole, Matteo sa restituirne lo sguardo stupito, lo stesso con cui, da quando sono nate, anche lui prova a

osservare il mondo. Dialoghi strampalati, buffe scene domestiche, riflessioni sottovoce che dopo la lettura continuano a risuonare in testa. Nell'"abitudine

di restare" si scopre una libertà inattesa, nei gesti della vita di ogni giorno si scopre quanto poetica possa essere la paternità.

 

Commento:

Cos’è “Notti in bianco, baci a colazione”? Oltre che un titolo già tenerissimo di per sé, è un libro che racconta la quotidianità, la normalità di una famiglia composta da un padre premuroso e presente che lavora da casa, una madre anche lei presente che spesso lavora di notte, da un indeterminato numero di cani e da tre figlie carinissime.

Sono Virginia, Ginevra e Melania, con età, esigenze ed abitudini diverse, l’anima di questo libro e delle giornate di Matteo e Paola. In un “diario di bordo” fatto di note su un Ipad, Matteo racconta le piccole gioie quotidiane, gli incontri fugaci, le incombenze familiari, le domande a bruciapelo che portano ad interrogarsi sul senso della vita. E’ di questa calda intimità, delle coccole e dei dialoghi semplici delle persone comuni, della solidarietà di una barista, della visione alternativa di un padre di famiglia dal medico, del cuore di una ragazza non proprio bionda che abbiamo bisogno; è in questo che sta la poca bellezza rimasta nel nostro mondo. Un libro che intenerisce e scalda, una lettura piacevole, divertente e profondissima. Consigliato a tutti.

 

 

Opera recensita: “Notti in bianco, baci a colazione” di Matteo Bussola

Editore: Einaudi, 2016

Genere: narrativa italiana, diario, autobiografico

Ambientazione: Veneto

Pagine: 175

Prezzo: 17,00 €

Consigliato: sì.

 

venerdì 15 dicembre 2017

RECENSIONE: LISA HERMANN - IL MARE A BERLINO NON C'è


Sinossi:

Perché una prof è svenuta in classe senza un motivo apparente?

Chi ha piantato marijuana nel cortile della scuola?

Cosa nasconde Marzio il misterioso?

Queste e molte altre cose si chiede Ilaria, insegnante napoletana in servizio a Berlino dopo un concorso vinto in extremis.

 

A una festa all'ambasciata Ilaria conosce Marzio, bellissimo ricercatore torinese che passa da una borsa di studio all'altra, ognuna in un paese diverso,

e la seduce irrimediabilmente, ma poi sparisce e riappare in un gioco estenuante e intrigante.

Ilaria non riuscirà a liberarsene nemmeno dopo aver conosciuto un brillante e fascinoso professore napoletano, durante una vacanza nella sua città; anzi,

le cose si complicheranno ulteriormente.

In un mondo multicolore e inafferrabile si muovono cervelli in fuga e nuovi emigranti, creativi turchi e precari italiani, professori boriosi e insegnanti

marpioni, e poi carabinieri dell'ambasciata, studenti arrabbiati, baristi saggi, casalinghe tutt'altro che sull'orlo di una crisi di nervi, portieri vecchio

stampo e nostalgici della DDR.

Sullo sfondo Berlino e Napoli, due città apparentemente contrastanti e tuttavia complementari, anche se il mare a Berlino non c'è.

 

Commento:

Ilaria è una giovane professoressa di lettere che ha vinto un concorso per insegnare (a tempo determinato e grazie ad una borsa di studio) in una scuola italiana a Berlino. La città è bella ed interessante, senza dubbio, ma Ilaria, napoletana, giovane, abituata alla spontaneità, al buon cuore e a ragionamenti altruistici, fa fatica ad abituarsi alla competitività teutonica ed all’ambiente scolastico non proprio cordiale. A condividere la sua sventura ci sono vari colleghi tra cui Biagio, il collega omosessuale che si è trasferito a Berlino sfidando il precariato per amore del suo ragazzo turco e che diventerà come un fratello per Ilaria. Ma la vita della giovane insegnante amata dai ragazzi ed odiata dai colleghi non è fatta di solo lavoro: a Berlino conoscerà Marzio, un enigmatico cosmologo metà pugliese e metà piemontese che la prende e la travolge con la stessa facilità con cui appare e scompare nella sua vita. Insoddisfatta per la precarietà anche sentimentale, di ritorno a Napoli per le feste natalizie, Ilaria conosce Fausto, un affascinante ed altrettanto passionale professore di lettere all’Università Federico II che l’ammalia con le sue parole calde e la promessa di una solidità tanto cercata. Divisa fra Napoli e Berlino, fra due sentimenti forti e coinvolgenti, fra la voglia di far bene con gli alunni e la spada di Damocle dell’incertezza crescente, la nostra Ilaria trascorrerà un anno scolastico assai travagliato, alla fine del quale si troverà a dover districare una matassa ingarbugliatissima ed a prendere decisioni difficili ma importanti, in tutti i campi.

Una lettura gradevole ed interessante che mette in luce le tante difficoltà dei giovani italiani che devono lasciare il loro Paese in cerca di un futuro più solido e, in fin dei conti, senza alcuna certezza di trovarlo. Cervelli in fuga che devono fare i conti con la diffidenza, le abitudini e i modi di vita differenti, la nostalgia di casa, degli amici, dei luoghi cari, di un po’ di calore che faccia sentire meno soli. Il libro è ambientato nei primi anni 2000, ma la situazione è tutt’altro che migliorata oggi, alle soglie del 2018.

Una lettura ironica, divertente, non banale, che tra profusioni d’amore e sentimenti nasconde la durezza di un futuro quanto mai incerto. Consigliato a chi cerchi un libro leggero, ma non banale.

 

 

Opera recensita: “Il mare a Berlino non c’è” di Elisa Hermann

Editore: Giunti, 2016

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Berlino-Napoli

Pagine: 387 (formato disponibile: ebook)

Prezzo: 2,99 €

Consigliato: sì.

 

giovedì 14 dicembre 2017

RECENSIONE: GRAZIA DELEDDA - CANNE AL VENTO


Sinossi:

La narrativa della Deledda, posta ora nella scia del verismo di Verga, ora accostata al decadentismo dannunziano, racconta di forti vicende d'amore, di

dolore e di morte, nelle quali domina il senso religioso del peccato e la tragica coscienza di un inesorabile destino. Nella sua prosa si consuma la fusione

carnale tra luoghi e figure, tra stati d'animo e paesaggio, tra gli uomini e la terra di Sardegna, luogo mitico e punto di partenza per un viaggio dell'anima

alla scoperta di un mondo ancestrale e primitivo.

 

Commento:

Mi sono bastate poche pagine per ritrovarmi tra i banchi del liceo, quando le lezioni di letteratura mi portavano in mondi ed epoche che mai avrei vissuto… non si può non amare questo libro: bastano poche righe per restare incantati dallo splendore e dalla potenza delle parole, in grado di evocare immagini fulgide di paesaggi bucolici colorati e vivaci come di descrivere scene di turbamento, disperazione, passione e completo deliquio. Ebbene sì, si trova tutto questo in un libro di appena duecento pagine: c’è la rigogliosa campagna dell’entroterra nuorese in estate, c’è la fedeltà di un servo, Efix, attaccato alle sue padrone come “Il musco alla pietra”, c’è il senso di colpa di quest’uomo per un unico errore commesso ed il carico del destino di altri sulle sue vecchie spalle; c’è un villaggio con tutti i suoi personaggi – l’usuraia, il prete, il ricco possidente borioso, il bel giovanotto che fa palpitare i cuori delle giovani semplici – e ci sono tre donne, l’una diversa dall’altra, tre sorelle sole e orgogliose che vorrebbero bastare a se stesse alimentandosi del loro antico buon nome e del disprezzo degli altri… ma come al solito, qualcosa va storto e la rovina diventa sempre più grave. Ed è qui che bisognerà decidere se soccombere o accettare l’aiuto che viene offerto.

Un libro che è l’essenza della Letteratura italiana che trae forza ed ispirazione dalla saggezza popolare, dalle vicissitudini di servi e padroni, di ricchi e di semplici che, come canne al vento, incassano i colpi della vita senza cedere e, anzi, traendone insegnamento. Una lettura intensa che consiglio a chi ancora non conosca questo libro e quest’autrice favolosa. Davvero, ne vale la pena.

 

Opera recensita: “Canne al vento” di Grazia Deledda

Editore: Garzanti, prima ed. 1913

Genere: letteratura italiana

Ambientazione: Sardegna

Pagine: 215 (ed. Garzanti 2006)

Prezzo: 9,00 €

Consigliato: sì.

 

mercoledì 13 dicembre 2017

RECENSIONE: MARGARET ATWOOD - PER ULTIMO IL CUORE


Sinossi:

In un Nord America messo in ginocchio da una disastrosa crisi economica e dal dilagare della criminalità, Stan e Charmaine, una giovane coppia innamorata,

cedono alla falsa lusinga della normalità e della sicurezza promesse da un avvenente progetto, in cambio della rinuncia a qualche "piccola" libertà personale.

Finiscono in una città troppo bella per essere vera, dove tutti hanno una casa e stanno bene, ma il prezzo è lavorare per un losco personaggio a capo della

comunità, facendo cose orribili: per esempio praticare iniezioni letali ai condannati a morte o lavorare in una sorta di mercato del sesso. Si ritrovano

così a fare il male per libera scelta ma contro la loro volontà. Questa situazione conflittuale li trascinerà in un surreale complotto che darà lo spunto

per interrogarsi su cosa significhi amare - in un futuro dove non solo il sesso ma anche l'amore è mercificato – e scegliere.

 

Commento:

Non lasciatevi fuorviare dal titolo: questo libro è tutto fuor che un romanzo rosa. Sì, si parla d’amore, ma in un modo assolutamente contorto ed inusuale.

Lo scenario con cui si apre questo racconto è quello post apocalittico di un’America in ginocchio, economicamente e socialmente, e senza nessuna prospettiva per il futuro se non quella della completa devastazione. Stan e Charmaine sono il simbolo, l’esempio di questa realtà: vivono in macchina, mangiano schifezze comprate in bar fatiscenti, lui ha perso il lavoro e lei fa la barista e deve stare attenta che i clienti non le saltino addosso. Ma mentre passa il tempo durante un turno al bar, Charmaine vede uno spot in Tv dove un uomo ricco e dall’aspetto rassicurante promette “Una vita piena di significato”: per ottenerla basta trasferirsi a Consilience, una città ordinata, pulita, ricca, produttiva, che basta a se stessa. Il progetto “Positron” prevede, però, che chi vi entra non possa più uscirne e debba rispettare una serie di prescrizioni. Stan e Charmaine, insieme a molte altre persone, vi si sottopongono e all’inzio tutto va bene… ma poi subentra l’infedeltà, il desiderio proibito e tutto cambia. Stan e Charmaine si ritrovano in un eterno conflitto tra volontà e dovere, invischiati in qualcosa di più grande di loro, in un progetto sovversivo pericoloso che coinvolge molte persone: a Positron qualcosa non va più come dovrebbe e rimediare potrebbe costare a dirittura la vita a qualcuno. Allora il dilemma si fa concettuale: è meglio fare il male per un buon fine o rinunciare all’amore, alla dignità, ad una semplice possibilità e soccombere? E l’amore, che ruolo gioca l’amore in tutto questo?

Un racconto caotico, una trama complessa, inverosimile, ma sorprendentemente avvincente: all’inizio confesso di aver fatto fatica ad entrare nel romanzo, anche perché era il mio primo approccio con la Atwood ed il suo stile non mi entusiasma, però con l’incedere della storia mi sono ritrovata con la curiosità di sapere come sarebbe andata a finire. Come ho già detto la storia è inverosimile, infatti si tratta di un racconto fantascientifico, ma in alcuni tratti è così folle da sembrare vera: ho provato, in più di un’occasione, la dissociazione di chi sa di leggere una storia di fantasia, ma al contempo prova l’assurda sensazione di viverla. Ora, a voi la valutazione: se vi piace lo stile della Atwood, se vi va di imbarcarvi in una storia bella ma confusionaria, questa può fare al caso vostro. Io lo consiglio, ma con moderazione: vi ho avvertiti!

 

Opera recensita: “Per ultimo il cuore” di Margaret Atwood

Editore: Ponte alle grazie, 2016

Genere: fantascienza

Ambientazione: Stati Uniti

Pagine: 372

Prezzo: 18,60 €

Consigliato: sì/no.

 

lunedì 11 dicembre 2017

RECENSIONE: ENNIO FLAIANO - TEMPO DI UCCIDERE


Sinossi:

In un'Africa surreale e priva di ogni esotismo un tenente dell'esercito italiano vaga alla ricerca di un medico, guidato dal mal di denti. Si allontana

dal campo, rimane solo, si perde. Hanno inizio così, per caso, le sue disavventure. Prima si convince di aver contratto la lebbra, poi fugge, certo di

essere ricercato per tentato omicidio, infine si trasforma in ladro e maldestro attentatore, fino ad approdare alla capanna di Johannes, un luogo misterioso

e arcano dove può iniziare a guarire. Nato da una conversazione con Leo Longanesi e vincitore del premio Strega nel 1947, "Tempo di uccidere", unico romanzo

scritto da Flaiano, è un'intensa allegoria della guerra, messa a nudo con ironica, spietata crudeltà.

 

Commento:

“Tempo di uccidere”, romanzo che valse a Flaiano il premio Strega nel 1947, è la storia di un tenente italiano d’istanza in Abissinia nel 36, un uomo che trascorre gli ultimi mesi della sua permanenza in Africa in fuga dalla paura delle sue azioni.

Tutto comincia quando, in licenza per cercare un dentista, il tenente segue una scorciatoia che dovrebbe portarlo alla strada e si perde. Lungo un sentiero incontra una donna del luogo e da qui, da quest’incontro, comincia la partita a dadi tra il tenente e il destino: una storia fatta di disavventure, circostanze avverse, inettitudine, insicurezza, paura, diffidenza, colpa. Sì, perché il protagonista di questo libro è ben lontano dall’essere un eroe, anzi, al contrario, si distingue per viltà e codardia. Un libro scritto bene, in tono freddo, disilluso, duro. Un libro che, però, non mi è piaciuto.

Questo libro non mi ha coinvolto, non mi ha trasmesso assolutamente nulla se non un senso di disprezzo per il protagonista e per gli altri personaggi. Non c’è un elemento che mi sia piaciuto e che mi porti a salvarlo. Mi dispiace, ma sebbene sia un libro importante, a suo modo originale ed insolito per l’epoca in cui fu scritto, non mi sento di consigliarlo.

 

Opera recensita: “Tempo di uccidere” di Ennio Flaiano

Editore: Bur, prima ed. Longanesi 1947

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Abissinia, 1936

Pagine: 312

Prezzo: 11,00 €

Consigliato: no.

 

domenica 10 dicembre 2017

RECENSIONE: ROBERT LOUIS STEVENSON - LO STRANO CASO DEL DOTTOR JEKYLL E DEL SIGNOR HYDE


Sinossi:

Il dottor Jekyll, medico stimato e rispettabile, ultimamente ha un comportamento strano: rifugge la compagnia degli amici di sempre e frequenta un certo

signor Hyde, individuo di estrema malvagità e aspetto ripugnante. Ma perché il medico fa testamento in suo favore? Chi è davvero il misterioso Hyde? Ambientata

in una Londra allucinata e circospetta - in città è attivo Jack lo Squartatore - questa fantasia nera di Stevenson ha dato corpo e nome all'idea della

doppia personalità. Lo sventurato Jekyll, che con le sue polveri e i suoi alambicchi cerca la possibilità di darsi al vizio senza sentire rimorso, è simbolo

e vittima dell'ipocrisia sociale. Introduzione, traduzione e note di Oreste Del Buono.

 

Commento:

Un medico rispettabile, con amici rispettabili, in una Londra vittoriana avvolta da una nebulosa patina di rispettabilità, è convinto che l’uomo, ogni uomo, non sia unico, ma duplice. Da tempo egli crede che in ognuno di noi convivano due nature, una dignitosa e l’altra malvagia, perciò compie una serie di esperimenti per dimostrare questo principio. Tali esperimenti lo portano ad una pozione in grado di trasformarlo in un'altra persona, sia fisicamente che moralmente, così il rispettabile, alto, robusto e muscoloso Dottor Herry Jekyll diventa il magro, basso, malvagio Mr Hyde.

Due persone in una sola, due metà della stessa anima, una altruista e filantropa, l’altra in grado di soccombere alle passioni più smodate, ai desideri più turpi, agli istinti più beceri. Ma accade un imprevisto, la parte malvagia continua a crescere e Jekyll perde il controllo del suo esperimento…

Un romanzo gotico breve e fulminante che racconta con straordinaria incisività un aspetto importante della natura umana, il concetto del doppio, che verrà approfondito da molti autori in futuro. Lettura consigliata, un paio d’ore decisamente ben spese.

 

Opera recensita: “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” di Robert Louis Stevenson

Editore: Bur, prima ed. 1886

Genere: classico horror

Ambientazione: Londra, fine Ottocento

Pagine: 109

Prezzo: 6,90 €

Consigliato: sì.

 

sabato 9 dicembre 2017

RECENSIONE: ALICE WALKER - IL COLORE VIOLA


Sinossi:

Violentata dall'uomo che credeva essere suo padre, privata dei due figli, sposata a un uomo che odia, Celie, una giovane donna di colore, viene separata

anche dall'amata sorella Nattie, che finirà missionaria in Africa. Per trent'anni Nettie scriverà a Celie lettere che questa non riceverà mai, mentre Celie,

oppressa dalla vergogna della sua condizione, riesce a scrivere solo a Dio. Sarà l'amante del marito, una affascinante cantante di blues, a cambiare il

colore della sua vita, insegnandole a ridere, giocare, amare.

 

Commento:

“Il colore viola”, libro che valse ad Alice Walker il premio Pulitzer per la narrativa nel 1983, è un libro che si legge d’un fiato, ma che si assimila lentamente ed altrettanto lentamente si dimentica.

Personaggi tratteggiati con spietata chiarezza, storie raccontate con la fredda lucidità di chi ha un obiettivo preciso: raccontare tutto, far conoscere la realtà, senza sconti né edulcorazioni.

La vicenda si apre con le violenze subite da Celie, una ragazzina timida, ingenua e volenterosa, che subisce gli abusi del padre ed è costretta a sposare un vedovo per badare ai suoi figli e alla sua casa. Questi avrebbe preferito sposare Nettie, la sorella di Celie che, grazie ad una serie di eventi favorevoli, riesce a scappare facendo perdere le proprie tracce e tuttavia promettendo alla sorella di scriverle. Celie, umiliata nella propria condizione di donna di colore, stupida, ignorante, buona solo a servire il marito, sprofonda sempre di più in un’apatica rassegnazione fino al giorno in cui incontra Shug, l’affascinante, decisa, esuberante amante del marito che sarà la sua salvezza. Sarà la vicinanza di questa donna ed in particolare una drammatica scoperta riguardante la sorella Nettie a portare Celie al punto di svolta ed al radicale cambiamento della sua vita.

Una storia di razzismo, grettezza, ignoranza, ma anche di riscatto, forza d’animo, voglia di cambiamento. Una riflessione a tutto tondo sulla condizione delle persone di colore, delle differenze con i bianchi in America ed in Africa dove si trova Nettie, un’analisi sulla condizione femminile, sulla religione, sull’amore tra persone dello stesso sesso. Un libro complesso e completo che va letto e riletto perché lascia dentro tante, troppe sensazioni contrastanti e difficili da interiorizzare.

Una lettura consigliata a tutti, come consigliato è anche il film diretto da Spielberg che è molto fedele al libro e trasmette altrettante emozioni.

 

 

 

Opera recensita: “Il colore viola” di Alice Walker

Editore: Sperling & Kupfer-Frassinelli, prima ed. originale 1982, prima ed. italiana 1984

Genere: romanzo storico, romanzo epistolare

Ambientazione: America, prima metà del Novecento

Pagine: 313

Prezzo: 9,50 €

Consigliato: sì.

 

giovedì 7 dicembre 2017

RECENSIONE: UMBERTO ECO - IL NOME DELLA ROSA


Sinossi:

Ultima settimana del novembre 1327. Il novizio Adso da Melk accompagna in un'abbazia dell'alta Italia frate Guglielmo da Baskerville, incaricato di una

sottile e imprecisa missione diplomatica. Ex inquisitore, amico di Guglielmo di Occam e di Marsilio da Padova, frate Guglielmo si trova a dover dipanare

una serie di misteriosi delitti (sette in sette giorni, perpetrati nel chiuso della cinta abbaziale) che insanguinano una biblioteca labirintica e inaccessibile.

Per risolvere il caso, Guglielmo dovrà decifrare indizi di ogni genere, dal comportamento dei santi a quello degli eretici, dalle scritture negromantiche

al linguaggio delle erbe, da manoscritti in lingue ignote alle mosse diplomatiche degli uomini di potere. La soluzione arriverà, forse troppo tardi, in

termini di giorni, forse troppo presto, in termini di secoli.

 

Commento:

Ormai vegliardo, il monaco Adso da Melk affida ad un manoscritto le sue memorie riguardanti una strana storia accaduta nell’ultima settimana di novembre del 1327. Allora novizio, Adso accompagnava il suo maestro, Guglielmo da Baskerville, presso un’abbazia dell’Italia centrosettentrionale, dove doveva tenersi un importante incontro tra le legazioni pontificie e quelle facenti capo all’imperatore; i delegati dovevano discutere di un argomento assai controverso e spinoso: l’eresia. Ma appena arrivato, Guglielmo, che ha giusta fama di uomo saggio e dotto, nonché di ex inquisitore, viene messo a parte di un delitto accaduto nell’abbazia e proprio l’Abbate gli chiede di venirne a capo. I delitti però continuano e la trama si infittisce. Tutto sembra ruotare intorno all’anima stessa dell’abbazia, la biblioteca: si tratta della più grande biblioteca della cristianità, un sancta sanctorum del sapere i cui tesori e soprattutto i cui segreti vanno custoditi gelosamente e difesi con ogni artificio possibile. Tra labirinti, visioni, versi apocalittici e verità molto più terrene, la storia si dipana in un susseguirsi di scoperte che mettono in luce il grado di corruzione, marciume, empietà in cui versa l’Abbazia e l’intera Chiesa.

E’ fondamentalmente questo il quadro che ci viene da quest’opera che è tante cose insieme: è denuncia della corruzione, è lode al sapere universale ed universalmente accessibile, è critica verso una Chiesa troppo attenta alle apparenze ed alle rigide regole piuttosto che alle persone, ai loro sentimenti ed ai loro bisogni.

Tutto questo in un libro impegnativo, pieno, traboccante di sapienza, la cui lettura non è immediata. Ma l’iniziale difficoltà data dal registro alto e dalla presenza di frasi latine e riferimenti filosofici, religiosi e culturali, viene ben presto superata dalla bellezza dell’opera. Un capolavoro intramontabile della letteratura italiana, un libro che dovrebbe essere nella libreria di ogni lettore. Consigliatissimo.

 

Opera recensita: “Il nome della rosa” di Umberto Eco

Editore: Bompiani, prima ed. 1980

Genere: giallo storico, gotico,

Ambientazione: Italia centrosettentrionale, novembre 1327

Pagine: 618 (ed. 2014)

Prezzo: 14,00 € (ed. 2014)

Consigliato: sì.

 

martedì 5 dicembre 2017

RECENSIONE: ROBERTO COSTANTINI - LA MOGLIE PERFETTA


Sinossi:

Nel maggio del 2001, a Roma, due coppie, il professore italoamericano Victor Bonocore e la moglie Nicole Steele, il pubblico ministero Bianca Benigni e

il marito Nanni. Due matrimoni come tanti, a volte felici, a volte meno. Tra loro una ventenne pericolosa, Scarlett, sorella di Nicole. Intorno, la terra

di mezzo del Sordomuto e del Puncicone, gli appalti pubblici, il gioco d'azzardo, l'usura, e la morte atroce di una ragazza, Donatella. Sembra essere l'ennesimo

atto di violenza patito da una donna per mano di un uomo violento, l'assassino viene scoperto e giustizia è fatta. O forse no? Quando viene ucciso Victor

Bonocore, Michele Balistreri dirige la terza sezione della squadra Mobile e indaga insieme al pm Bianca Benigni. La miscela è esplosiva, le modalità di

conduzione dell'indagine contro le sorelle Steele sono fuori dai confini della legge e l'esito è disastroso. L'arresto di Scarlett e Nicole incrina le

relazioni tra Italia e Stati Uniti. Tutto finisce male. Nel 2011 una rivelazione inattesa spinge Balistreri a riaprire quel caso rimasto senza colpevoli.

Ma se non è tardi per la giustizia, forse lo è per l'amore e per la vita. O forse no.

 

Commento:

“La moglie perfetta” è il quarto giallo nato dalla penna di Roberto Costantini. Anche questo libro, come i tre precedenti, ha come protagonista il commissario Michele (o Mike) Balistreri, ma la sua figura, così preponderante nei primi tre gialli, qui risulta in secondo piano, quasi in tono minore. Al centro della scena, infatti, ci sono altre persone e, soprattutto, altre tematiche: se finora, nella “Trilogia del male”, il racconto si era concentrato sulle vicende storiche tra Italia e Libia, sugli intrighi di Vaticano, politica, economia e mafia – il tutto magistralmente intrecciato con le vicende personali di Balistreri – qui questi temi restano sullo sfondo, per lasciare spazio all’amore, alla coppia, ai delicati equilibri tra passione e rinuncia, tra dovere e piacere.

Per affrontare questo tema spinoso, Costantini affida la narrazione a vari personaggi: accanto a Balistreri, che conduceva la narrazione nei precedenti romanzi, qui parlano anche Nanni Annibaldi, lo psicologo esperto di terapia di coppia, e sua moglie Bianca Benigni, vero perno del romanzo, pubblico ministero integerrimo e moglie perfetta che, a contatto con Balistreri dovrà rivedere il proprio concetto di ferrea applicazione delle regole. Così, sullo sfondo delle lotte di potere nella “terra di mezzo” che hanno riempito le cronache degli ultimi anni e che hanno ispirato libri, film e serie Tv, si inserisce una storia torbida fatta di tradimenti, mezze verità, vite che si sgretolano e coups de téatre. A districare questa complicata matassa, a distanza di anni, c’è sempre lui, l’antieroe Michele Balistreri che ci dimostrerà che la realtà è sempre un po’ più complicata di come appare.

Con questo libro Costantini ha evidentemente voluto discostarsi dalla “Trilogia del male”, senza abbandonare il suo Balistreri, ma tracciando per lui una via nuova, intrigante ma insidiosa. Le differenze tra questo libro e i precedenti sono, perciò, sostanziali: abbiamo già parlato delle tematiche e dell’introduzione della narrazione corale; inoltre lo stacco temporale è sempre presente, ma il “presente” in questo caso ha una funzione più ridotta, solo chiarificatrice e risolutiva, non un vero, nuovo filone di indagine. Infine lo stesso Balistreri sembra voler mettere la testa a posto: nella sua vita, infatti, c’è una consapevolezza nuova, una ragione per non voler morire, per continuare a vivere, che per sessant’anni della sua vita non c’era. “La moglie perfetta” è quindi lo spartiacque verso una nuova vita di Balistreri che, tuttavia, speriamo di ritrovare agguerrito ed anticonformista anche nei prossimi libri. Lettura consigliata, da affrontare successivamente alla “Trilogia del male”: i libri non sono e non possono essere letti come romanzi a sé.

 

Opera recensita: “La moglie perfetta” di Roberto Costantini

Editore: Marsilio, 2016

Genere: giallo

Ambientazione: Roma, 2001-2011

Pagine: 447

Prezzo: 19,00 €

Consigliato: sì.