simposio lettori copertina

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domenica 30 aprile 2017

RECENSIONE: ANN MORGAN - LA GEMELLA SBAGLIATA


Sinossi:

Helen ed Ellie sono gemelle. Identiche. Almeno così le vedono gli altri. Ma le due bambine sanno che non è così: Helen è la leader, Ellie la spalla. Helen

decide, Ellie obbedisce. Helen pretende, Ellie accetta. Helen inventa i giochi, Ellie partecipa. Finché Helen ne inventa uno un po' troppo pericoloso:

scambiarsi le parti. Solo per un giorno. Dai vestiti alla pettinatura ai modi di fare. Ed ecco che Ellie, con la treccia di Helen, comincia a spadroneggiare,

mentre Helen si finge la sottomessa e spaventata Ellie. È divertente, le due bambine ridono da matte. Ci cascano tutti, perfino la mamma. Ma, alla sera,

quando il gioco dovrebbe essere finito, e Helen pretende di tornare a essere se stessa, Ellie per la prima volta dice di no. Ormai è lei la leader. E non

tornerà indietro. Da questo momento, per la vera Helen comincia l'incubo...

Un capolavoro di suspense e inquietudine, che riesce a raccontare in modo straordinario la discesa agli inferi della protagonista, nonché la facilità con

cui si possono manipolare le persone e distorcere la realtà. Perché non tutto è come sembra, anche nelle migliori famiglie, e in quella di Helen ed Ellie

ci sono molti più segreti di quanti le bambine stesse possano immaginare. Al punto che un gioco innocente, forse, non è mai stato solo un gioco.

Una lettura tesa e avvincente, che vi farà girare le pagine vorticosamente, e che fa di Ann Morgan una delle voci più sorprendenti del thriller psicologico.

 

Commento:

Un gioco d’infanzia, uno scambio di persona, una famiglia complicata, equilibri fragili ed una buona dose di stranezze sono gli ingredienti di questo libro all’apparenza stupefacente, ma in fin dei conti abbastanza prevedibile.

Questa, in estrema sintesi, è la mia opinione personale sull’esordio letterario dell’inglese Ann Morgan, “la gemella sbagliata”, pubblicato da Piemme pochi mesi fa. La storia si sviluppa tra Londra e Manchester, con una piccola parentesi olandese e la protagonista e voce narrante è Helen, o Smudge, anche se da anni per tutti lei è Ellie. Cos’è successo? Tutto comincia quando Helen ed Ellie hanno sette anni e sono due gemelle fisicamente identiche, ma con personalità molto diverse. Helen è sempre stata la leader, quella che fa tutto perfettamente, la gioia della mamma. Ellie, invece, è sempre stata quella con dei problemi, la ritardata, quella che fa guai e rovina sempre tutto. Helen tiranneggia la sorella, la tratta duramente, le mette contro le amiche, non perde occasione per deriderla, per darle una lezione, per sottoporla a nuovi giochi inventati da lei. E proprio uno di questi giochi cambierà la vita di entrambe: un giorno Helen propone ad Ellie di scambiarsi i ruoli, i vestiti, le personalità… la cosa sembra funzionare, nessuno nota lo scambio, neanche la loro madre impegnata a flirtare con il suo nuovo compagno che sceglie proprio quel giorno per trasferirsi nella loro casa… Ellie, perciò, prende lo scambio sul serio, al punto di non voler più tornare indietro. E quando Helen prova a dire la verità, Ellie sfrutta ciò che tutti dicevano di lei prima: è una stupida che vuole attirare l’attenzione ed inventa sempre storie assurde. Così Ellie si appropria della vita di Helen, bella, soddisfacente, normale. E ad Helen cosa resta? Il vuoto, l’incomprensione, lo sgomento. Da questo gioco le due ragazze non torneranno più indietro, finendo per restare intrappolate l’una nella vita dell’altra. Cosa accadrà? Come andrà a finire questa storia balorda ed incredibile, ma purtroppo plausibile?

Che dire…? Questo libro ha scatenato in me sensazioni contrastanti: all’inizio, dopo poche pagine, mi ero quasi convinta che non mi sarebbe piaciuto, che non avrei sopportato i continui salti temporali tra presente e passato, né il degrado e lo squallore in cui la protagonista vive nel presente. Proseguendo nella lettura, però, la curiosità di completare il puzle mi ha portata a ricredermi: la storia regge fino alla fine in modo dignitoso ed apprezzabilissimo, sebbene il finale non mi abbia del tutto soddisfatta. Il merito da riconoscere ad Ann Morgan è quello di aver saputo caratterizzare i personaggi in modo equilibrato e verosimile, in particolare differenziando le due gemelle al punto giusto; inoltre la storia non cade mai nel patetico e non si esagera mai né in positivo, né in negativo. Così la sensazione di degrado che si avverte per la vita della protagonista si supera leggendo di situazioni in cui lei è stata bene; allo stesso modo i salti temporali diventano più tollerabili e sono sostituiti dalla curiosità di sapere cos’ha condotto alla situazione attuale. I difetti, come già accennato, sono la scarsa originalità ed il tono sempre piuttosto prevedibile della storia. In realtà, a mio modesto parere, questo libro non è propriamente un thriller: non saprei in che altro genere inserirlo, ma qui non c’è un colpevole da scoprire, non c’è un colpevole da smascherare. C’è una storia paradossale, con degli aspetti psicologici importanti da analizzare, ma null’altro.

Detto questo, sebbene non sia un thriller psicologico con la suspense di Wulf Dorn, è comunque un buon libro, che incuriosisce e si fa leggere piacevolmente. Un’ottima lettura per un week-end, senza grossi colpi di scena o stravolgimenti di sorta. Consigliato, dunque, ma senza troppe pretese!

 

Opera recensita: “la gemella sbagliata” di Ann Morgan

Editore: Piemme, 2017

Genere: thriller psicologico

Ambientazione: Inghilterra

Pagine: 396

Prezzo: 19,50 €

Consigliato: sì.

 

giovedì 27 aprile 2017

RECENSIONE: ELIF SHAFAK - TRE FIGLIE DI EVA


Sinossi:

Peri ha trentacinque anni, tre figli, un marito e una vita agiata nella città dov'è nata, Istanbul. Si sta recando a una cena lussuosa quando le viene

rubata la borsa. Lei reagisce, i ladri scappano e dalla borsa cade una vecchia polaroid in cui compaiono quattro volti: un uomo e tre giovani ragazze a

Oxford. Una è Shirin, bellissima iraniana, atea e volitiva; la seconda è Mona, americana di origini egiziane, osservante, fondatrice di un gruppo di musulmane

femministe e poi Peri, cresciuta osservando il laico secolarismo del padre e la devota religiosità islamica della madre, incapace di prendere posizione

sia nella disputa famigliare sia nel suo stesso conflitto interiore. Tre ragazze, tre amiche con un retroterra musulmano, eppure così diverse: la Peccatrice,

la Credente e la Dubbiosa. L'uomo nella foto invece è Azur, docente di filosofia ribelle e anticonformista, e sostenitore del dubbio come metodo di comprensione

della realtà. A Oxford la giovane Peri cercava la sua «terza via», la stessa che predicava e professava Azur, di cui si innamora. Sarà questo incontro

a sconvolgerle la vita, fino allo scandalo che la riporterà in Turchia. "Tre figlie di Eva" è un romanzo intenso e ambizioso che affronta e indaga temi

importanti come la spiritualità, la politica, l'amicizia, i sogni infranti e la condizione della donna. Ma soprattutto è un romanzo sulla Turchia contemporanea,

su quei contrasti che agitano oggi il paese - nelle parole di Elif Shafak - «delle potenzialità inespresse».

 

Commento:

Elif Shafak ha la capacità di affrontare temi importanti con la giusta dose di serietà e leggerezza. Su questo libro, dopo le prime trenta pagine, non avrei scommesso, ma ora, a lettura terminata, devo ricredermi: è un buon libro che tratta argomenti spinosi senza esagerare con la pesantezza.

E’ la storia di Peri, una giovane donna turca cresciuta in una famiglia divisa tra le idee progressiste del padre e quelle iper religiose e conservatrici della madre. Da sempre Peri, con la sua intelligenza viva e curiosa, ha cercato di capire, di conoscere Dio e la sua ricerca raggiunge il culmine quando va a studiare ad Oxford ed incontra il professor Azur. Quest’uomo eclettico, questo docente di filosofia fuori dalle righe che insegna ad entrare “nella mente di Dio e Dio nella mente” sconvolge la psiche di Peri già provata da tanti traumi e da una pressione costante, derivante da una vita fatta di sensi di colpa, passata a mediare tra i genitori, nella continua incapacità di prendere posizione. E Peri finisce per crollare e trascina con sé tutti, l’amato professore, le amiche Shirin e Mona, il giovane disturbato Troy, la sua stessa famiglia. Peri scappa da Oxford, torna ad Istanbul ed erige un muro tra il passato ed il futuro. Tutto torna a galla per caso, per colpa di un incidente prima di una cena importante, una di quelle serate che in un modo o nell’altro, ti cambiano la vita.

Il tema portante di questo libro è la riflessione culturale sulla religione, sull’approccio che ogni credente ha con la propria fede e con quella degli altri. Una parte importante delle pagine di questo romanzo è dedicata proprio ai pensieri di Peri, ai litigi tra la peccatrice Shirin e la credente Mona ed alle lezioni del professor Azur con le loro domande ed il calderone di esperienze e novità che porta con sé. E poi c’è un aspetto che è sottilmente presente in tutto il libro: l’esaltazione delle contraddizioni. Le contraddizioni le troviamo nella famiglia di Peri, nella città in cui vive (Istanbul è la città delle contraddizioni per eccellenza), nel paragone tra la caotica ed instabile Istanbul e la rassicurante ed ordinata Oxford, tra la società turca dei tempi moderni, divisa tra conservazione e progresso. Credo che tutta questa contrapposizione sia stata incrementata dall’autrice proprio per sottolineare i concetti religiosi espressi nel libro. Nel complesso devo dire che “tre figlie di Eva” ha confermato le aspettative, mi è piaciuto, mi ha incuriosita e l’ho letto volentieri. E’ un libro che fa riflettere, pone molti interrogativi profondi ed attuali, perciò merita di essere letto. Lo stile della Shafak, poi, incentiva la lettura perché è camaleontico: si adatta ad ogni situazione, è moderno e spigliato quando serve, ed all’occorrenza è serio e profondo. Lettura consigliata, dunque!

 

Opera recensita: “tre figlie di Eva” di Elif Shafak

Editore: Rizzoli, 2016

Genere: narrativa straniera

Ambientazione: Istanbul-Oxford

Pagine: 448

Prezzo: 20,00 €

Consigliato: sì.

 

venerdì 21 aprile 2017

RECENSIONE: STIEG LARSSON - UOMINI CHE ODIANO LE DONNE (MILLENNIUM #1)


Sinossi:

Sono passati molti anni da quando Harriet, nipote prediletta del potente industriale Henrik Vanger, è scomparsa senza lasciare traccia. Da allora, ogni

anno l'invio di un dono anonimo riapre la vicenda, un rito che si ripete puntuale e risveglia l'inquietudine di un enigma mai risolto. Ormai molto vecchio,

Henrik Vanger decide di tentare per l'ultima volta di fare luce sul mistero che ha segnato tutta la sua vita. L'incarico di cercare la verità è affidato

a Mikael Blomkvist: quarantenne di gran fascino, Blomkvist è il giornalista di successo che guida la rivista Millennium, specializzata in reportage di

denuncia sulla corruzione e gli affari loschi del mondo imprenditoriale. Sulle coste del Mar Baltico, con l'aiuto di Lisbeth Salander, giovane e abilissima

hacker, indimenticabile protagonista femminile al suo fianco ribelle e inquieta, Blomkvist indaga a fondo la storia della famiglia Vanger. E più scava,

più le scoperte sono spaventose.

 

Commento:

Da tempo sentivo tessere le lodi della trilogia “Millennium” e, dopo la lettura di questo primo volume, devo ammettere che la fama è ampiamente meritata. “Uomini che odiano le donne”, primo libro di questa trilogia, è un thriller ben congeniato ed articolato che contiene al suo interno molti argomenti: dall’acking alla frode finanziaria, dal giornalismo d’inchiesta alla violenza sulle donne, con risvolti psicologici di tutto rispetto. Ma andiamo con ordine.

Il libro racconta l’esperienza del giornalista economico Mikael Blomkvist che viene ingaggiato da un potente industriale per un lavoro alquanto bizzarro: esaminare tutto il materiale di indagine (di polizia e privata) sulla scomparsa (e probabilmente sull’omicidio) di una ragazza avvenuta trentasette anni prima in circostanze assai strane. Mikael è consapevole dell’insensatezza dell’impresa, ma è reduce da una condanna per diffamazione per un articolo pubblicato su un magnate dell’industria che gli ha causato non pochi problemi, quindi accetta di trasferirsi in un’isola sperduta nel nord della Svezia per dedicarsi a questa strampalata indagine. Il problema è che Mikael finisce per appassionarsi alle vicende che si infittiscono ad ogni nuova scoperta ed anche quando la situazione sembra inaspettatamente farsi pericolosa lui non vuole abbandonare il campo. In questa indagine Mikael è affiancato da una ragazza molto particolare e diversa da chiunque altro abbiate mai conosciuto: Lisbeth Salander, una ragazza con molti problemi nelle relazioni sociali, ma un assoluto genio dell’informatica. Impulsiva, folle, instabile, ma al contempo intuitiva, acuta e geniale, Lisbeth è il personaggio più singolare e meglio riuscito dalla penna di Stieg Larsson: un rompicapo per chi lavora con lei, indubbiamente un caso di studio per tutti gli psicologi del mondo ed una graditissima compagnia per noi lettori, pur con tutte le sue stramberie. E’ stato senza alcun dubbio il mio personaggio preferito e mi ha incuriosita sin dalla prima pagina. Più in generale, comunque, tutti i personaggi che incontriamo in queste pagine sono ben caratterizzati; la trama, poi, è interessante ed offre molti profili di riflessione e degni di approfondimento.

Quanto allo stile, direi che la storia incede in modo lento, ma puntuale: sebbene il libro faccia fatica a decollare, non ci si annoia mai e quando finalmente la storia prende il ritmo giusto non ci si staccherebbe mai dalle pagine. Il finale, poi, è ovviamente aperto ad una continuazione e Larsson è stato abilissimo a creare curiosità e voglia di leggere subito il seguito per sapere cosa accadrà ai nostri due protagonisti, Lisbeth e Mikael. Insomma, davvero un’ottimo thriller! Consigliato!

 

Opera recensita: “uomini che odiano le donne” (Millennium #1) di Stieg Larsson

Editore: Marsilio, 2007

Genere: thriller

Ambientazione: Svezia

Pagine: 676

Prezzo: 21,50 €

Consigliato: sì.

 

lunedì 10 aprile 2017

RECENSIONE: ALICE BASSO - L'IMPREVEDIBILE PIANO DELLA SCRITTRICE SENZA NOME


Sinossi:

Dietro un ciuffo di capelli neri e vestiti altrettanto scuri, Vani nasconde un viso da ragazzina e una innata antipatia verso il resto del mondo. Eppure

proprio la vita degli altri è il suo pane quotidiano. Perché Vani ha un dono speciale: da piccoli indizi che sembrano insignificanti, coglie l'essenza

di una persona, riesce a mettersi nei suoi panni, pensare e reagire come avrebbe fatto lei. Un'empatia profonda, un intuito raffinato, uno spirito di osservazione

fuori dal comune, sono le sue caratteristiche. E di queste caratteristiche ne ha fatto il suo mestiere: Vani è una ghostwriter per un'importante casa editrice.

Scrive libri per altri. L'autore le consegna la sua idea, il materiale su cui documentarsi e lei riempie le pagine delle stesse identiche parole che avrebbe

utilizzato lui. Un lavoro svolto nell'ombra. E a Vani sta bene così. Anzi, preferisce non incontrare di persona gli scrittori per cui lavora.

Fino al giorno in cui il suo editore non la obbliga a fare due chiacchiere con Riccardo, autore di successo in preda ad una crisi di ispirazione. I due

si capiscono al volo e tra loro nasce una sintonia inaspettata fatta di citazioni tratte da Hemingway, Fitzgerald, Steinbeck. Una sintonia che Vani non

credeva possibile. Da tempo ha smesso di credere che potesse capitare anche a lei. Per questo sa di doversi proteggere perché dopo aver creato insieme

un libro che diventa un fenomeno editoriale senza paragoni, Riccardo sembra essersi dimenticato di lei.

E quando il destino mette in atto il suo piano imprevisto e fa incrociare di nuovo le loro strade, Vani scopre che in amore nulla è come sembra. Questa

volta è difficile resistere a Riccardo e a quell'alchimia che pare non esser mai svanita. Proprio ora che Vani ha bisogno di tutta la sua concentrazione,

di tutto il suo intuito. Un'autrice per cui sta lavorando è stata rapita e la polizia vuole la sua collaborazione. Perché c'è un commissario che ha riconosciuto

il suo talento unico e sa che solo lei può entrare nella mente del sequestratore.

Come nel più classico dei romanzi Vani ha davanti a sé molti ostacoli. E non c'è nessuno a scrivere la storia della sua vita al posto suo, dovrà scegliere

da sola ogni singola parola, gesto ed emozione.

L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome è il sorprendente esordio di Alice Basso. Una voce nuova, unica, esilarante pronta a colpirvi pagina

dopo pagina. Un tributo al mondo dei libri, all'amore che non ha regole e ai misteri che solo l'intuito può risolvere. Una protagonista indimenticabile

che vi dispiacerà lasciare alla fine del romanzo.

 

Commento:

Beh, che dire? Per una volta la quarta di copertina non è per niente esagerata: questo è davvero un libro bellissimo e Vani, la protagonista, è un personaggio indimenticabile dal quale si fa fatica a staccarsi. Perché è così speciale? Perché è intelligentissima, anticonformista, un po’ pazza, non se ne frega niente di ciò che direbbe la gente, non si fida di nessuno e quando lo fa rimane fregata… in poche parole è molto normale, più di quanto lei stessa crede. Vani incarna molte delle caratteristiche che ogni ragazza fra i venticinque e i trentacinque anni ha: ha vissuto abbastanza da sapere che non ci si può fidare delle persone, non crede nell’amore, non le importa apparire diversa da ciò che è, con l’impermeabile nero, il rossetto viola e gli stivali borchiati… e poi fa un lavoro strano, bello e dannato: è una ghostwriter bravissima, scrive i libri degli scrittori di successo che per qualche motivo non riescono a farlo da soli. Per farlo deve usare il loro linguaggio, parlare come parlerebbero loro, entrare nella mente di coloro che impersona. E lo fa bene, benissimo! Tanto bene che quando una delle autrici per cui sta scrivendo viene rapita sarà lei a dover trovare il colpevole. Lo farà insieme a Berganza, un affascinante commissario di polizia altrettanto in gamba, osservatore attento e perspicace almeno quanto la nostra Vani. E l’accoppiata sembra funzionare alla grande e sembra destinata a non esaurirsi ad una collaborazione occasionale… “e per fortuna!” – dico io – perché proprio non mi andrebbe giù l’idea di non ritrovare ancora Vani e Berganza e soprattutto la freschezza, la schiettezza, la sagacia che trabocca in queste pagine. Lo stile di Alice Basso, poi, è davvero pregevole perché coniuga battute esilaranti ed un’inaspettata, ma pertinente serietà. E’ stata una piacevolissima riscoperta: per me, infatti, si tratta di una rilettura. Avevo letto questo libro un po’ di tempo fa, prima che questo blog nascesse, e mi era piaciuto molto. Ora ho deciso di rileggerlo per vari motivi: innanzitutto perché avevo voglia di alternare una lettura accattivante e, perché no, defatigante ma non banale ad un’altra un po’ più “pesante”; in secondo luogo perché a maggio uscirà un’altra avventura di Vani e Berganza, la terza, e io devo ancora leggere il secondo libro (imperdonabile, devo sbrigarmi); in terzo luogo, questo libro mi ha tenuto compagnia prima di un esame importante che, tra l’altro, è andato bene, quindi direi che mi ha portato fortuna… e siccome ho di nuovo bisogno di un amuleto… perché non rileggerlo? Oltretutto è una lettura assolutamente piacevole!

Battute e scaramanzia a parte, non posso non consigliarvi questo libro: è una lettura divertente, non impegnativa, ma per niente banale… dunque, vale la pena! Quanto a me, vi farò sapere ben presto cosa succede a Vani nei prossimi volumi!

 

Opera recensita: “L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome” di Alice Basso

Editore: Garzanti, 2015

Genere: narrativa italiana

Ambientazione: Torino

Pagine: 280

Prezzo: 14,90 €

Consigliato: assolutamente sì!

 

mercoledì 5 aprile 2017

RECENSIONE: GIOVANNI VERGA - I MALAVOGLIA


Sinossi:

Al centro della narrazione sta la "Provvidenza", la barca più illustre della letteratura italiana, la più vecchia delle barche da pesca del villaggio.

La vicenda ruota intorno alla sventura dei Malavoglia, innescata proprio dal naufragio della "Provvidenza" carica di lupini presi a credito. Si snoda così

una trama straordinariamente complessa che non abbandona mai lo svolgersi doloroso del dramma; una serie di rovesci, colpo su colpo contro i Malavoglia,

ogni volta che a forza di rassegnazione e coraggio riescono a rialzarsi dal colpo precedente.

 

Commento:

Tante volte, leggendo i libri di letteratura, mi sono chiesta quali requisiti debba avere un libro per essere definito “capolavoro della letteratura italiana”. Per questa definizione non esiste un elenco di voci da spuntare o uno schema preciso cui riferirsi, tuttavia io credo che si possa parlare di “capolavoro della letteratura” quando si ha davanti un’opera dal contenuto significativo, dall’importanza indiscutibile e dall’estrema semplicità di linguaggio, in modo da poter essere fruibile da tutti.

A lettura terminata de “I Malavoglia”, il romanzo più noto di Giovanni Verga, io credo di essere di fronte ad un capolavoro della letteratura italiana: questo libro, infatti, racconta con estrema naturalezza, con impressionante realismo e con altrettanta disarmante schiettezza la storia di un paese, Acitrezza, alla fine dell’Ottocento, ma che potrebbe tranquillamente identificarsi con uno dei nostri piccoli paesi del Sud ai giorni nostri. Tutto ruota intorno ad una famiglia di pescatori, i “Malavoglia, che vive del ricavato della pesca con la sua barca, la Provvidenza. Un giorno Bastianazzo, figlio del capofamiglia Padron Ntoni, parte con la Provvidenza per vendere un carico di lupini presi a credito, ma durante la notte una tempesta di vento fa affondare la barca con tutto il suo carico e gli occupanti. Non potento far fronte al debito contratto per acquistare i lupini e non avendo più la barca per sostentarsi, la famiglia cade in disgrazia e perde progressivamente tutti i suoi averi, nonché la rispettabilità. Una serie di sventure colpiranno la casa dei Malavoglia che ad ogni colpo ricevuto tenteranno in vano di arrabattarsi per rialzarsi. A nulla varranno i proverbi ed il buon nome di Padron Ntoni Malavoglia, i lavori di comare Maruzza la Longa, le ore al telaio di Mena… la sventura sembra perseguitare la famiglia senza via d’uscita. Intanto la vita in paese prosegue fra ragazze in cerca di marito, ubriaconi che passano giorni e notti all’osteria della Santuzza, matrimoni sfortunati e gente che tira avanti come può e come sa. In definitiva, ciò che Verga descrive in questo libro è proprio la quotidianità di un paese, fatto di tante anime, ma fondamentalmente chiuso nella sua normalità e poco tollerante con le novità e le imposizioni: basti pensare alle critiche contro il governo, all’intolleranza verso i forestieri, alle lunghe tirate dello speziale a favore della rivoluzione e contro i ricchi.

I personaggi tracciati da Verga sono tanti e magistralmente tratteggiati, ognuno con le sue peculiarità, i suoi vizi e le sue virtù, tutti parte di una rete di equilibri da non spostare. Ognuno ha il suo posto nel paese, ognuno la sua storia e il suo destino. Tutto questo è raccontato con uno stile diretto e semplice, proprio come la vita ed il pensiero dei protagonisti di questa storia. Una lettura, quella dei Malavoglia, che non dovrebbe mancare nella carriera di un lettore perché racconta molto di ciò che siamo e di ciò che siamo stati noi italiani.

 

Opera recensita: “I Malavoglia” di Giovanni Verga

Editore: Einaudi, Feltrinelli, Mondadori, Garzanti, prima ed. 1881

Genere: romanzo

Ambientazione: Acitrezza, Sicilia, fine Ottocento

Pagine: 352

Prezzo: 9,50 €

Consigliato: sì.

 

martedì 4 aprile 2017

RECENSIONE: ALESSANDRO BARICCO - OMERO, ILIADE


Sinossi:

Questo volume nasce da un grande progetto di rilettura del poema omerico destinato alla scena teatrale (progetto che si compirà nel settembre 2004).

Alessandro Baricco (forte della consulenza della traduttrice Maria Grazia Ciani) smonta e rimonta l’Iliade creando 24 monologhi + 1, corrispondenti ad

altrettanti personaggi del poema e al personaggio di un aedo che ci racconta, in chiusura, l’assedio e la caduta di Troia.

In questa operazione di rilettura, Baricco "rinuncia" agli dei – notoriamente protagonisti, al pari degli umani, delle vicende legate alla guerra di Troia

– e punta esclusivamente sulle figure che si muovono sulla terra, sui campi di battaglia, nei palazzi achei, dietro le mura della città assediata.

Tema nodale di questa sequenza di monologhi è naturalmente la guerra, la guerra come desiderio, destino, fascinazione, condanna.

Per realizzare questa operazione, teatrale e letteraria insieme, Baricco ha attinto anche all’Odissea e a quelle Iliadi apocrife che dall’antichità sono

"circolate" insieme al testo omerico.

Ne risulta un "concertato" di voci che – pur nella fedeltà all’originale – rinnova e smuove la percezione delle vicende così come la tradizione scolastica

ce le ha passate.

Come accade sempre con Alessandro Baricco quando s’avvicina a un testo, per penetrarlo o semplicemente per farcene intendere le risonanze interne, anche

qui – o qui in modo più deciso e forte che altrove – avvertiamo un intenso sapore di attualizzazione, riviviscenza, urgenza (anche morale e civile).

Sapore confermato da un breve "saggio sulla guerra" che chiude il volume.

 

Commento:

Sin dai tempi della scuola media e poi del liceo ho sempre amato l’epica e l’Iliade è sempre stato il poema che, più degli altri, mi affascinava. Oggi, dopo aver terminato la lettura di questo libro scritto da Alessandro Baricco, ritrovo vivo e forte questo fascino: è il fascino delle gesta eroiche, è il fascino della mitologia e dell’influenza delle divinità sul destino degli uomini… ma come dice Baricco alla fine del libro, è soprattutto, innegabilmente, l’eterno fascino della guerra.

E voi direte:”che bisogno aveva Baricco di riscrivere l’Iliade? C’era già quella di Omero!”. E no, perché Baricco affronta il testo con un approccio anomalo: egli fa un esperimento particolare e, a mio avviso, molto ben riuscito. Riscrive l’Iliade, adattando il testo per una lettura pubblica e quindi per il teatro, raccontando l’epopea della guerra tra Achei e Troiani dal punto di vista dei personaggi, di coloro che questa guerra l’hanno combattuta. Vengono fuori dei monologhi che ci raccontano una storia fedele all’originale, eppure rinnovata e riportata alla vita. Baricco, inoltre, elimina totalmente le parti di testo relative agli Dei, pure indirettamente presenti a loro modo, così da creare un’opera più umana e realistica.

Credo che questo sia un ottimo modo, originale ed accattivante, di approcciarsi ai classici e, magari, anche di farli rivivere rendendoli più accessibili ai non addetti ai lavori. In definitiva, un libro che ho letto in un pomeriggio e che ho apprezzato molto, quindi lo consiglio!

 

Opera recensita: “Omero, Iliade” di Alessandro Baricco

Editore: Feltrinelli, 2004

Genere: epica-teatro

Ambientazione: Troia, guerra contro gli Achei

Pagine: 163

Prezzo: 13,00 €

Consigliato: sì.